Lezioni di Carrapipano

Lezioni di Carrapipano. “Ascolta e insegui”

lezioni di carrapipano Da più parti si sente l’esigenza di un corso multimediale di valguarnerese via internet. La nostra bella lingua soccombe lentamente davanti agli attacchi congiunti dell’italiano e dell’inglese, per citare soltanto due dei suoi principali nemici. L’esigenza di farla sopravvivere – anche al fine di permettere alla nostra vasta comunità sparsa per il mondo di possedere un linguaggio comune – non é sentita solo tra i carrapipani emigrati all’estero o in altre zone d’Italia (i cui discendenti la percepiscono ahimè come una sorta di arabo), ma anche tra quelli di Valguarnera sommersi dal lessico televisivo.
Questa esperienza si rivolge a chi già conosce almeno i primi rudimenti della lingua. Sarà interattiva e, nei limiti del possibile, multimediale.

Traducete nella nobile parlata di Valguarnera le seguenti parole:

a. ascolta

b. insegui

c. treno

d. terreno

e dite quante sillabe comporta ognuna delle parole carrapipane.

Inviate un messaggio email con la vostra risposta a [email protected].

Il primo che risponderà esattamente al quesito riceverà in premio il libro “Valguarnera da leggere” (non dimenticate di inserire nell’email il vostro recapito…)

 

R’PASSAT’V U CARRAP’PAN’
del prof. Enzo Barnaba’
LA FONETICA CARRAPIPANA. La lingua che ci accingiamo a studiare fa parte del gruppo dei dialetti nisseno-ennesi, ma ha la specificità fonologica (che qualche malalingua fa risalire ad apporti gallosiculi, cioè piazzesi) di preferire le semivocali alle vocali. Semplificando un po’ (durante le prime lezioni di ogni corso schematizzare é cosa legittima), passiamo in rassegna i tre suoni vocalici che possono porre problemi di trascrizione. Se avessimo la colonna sonora tutto sarebbe più facile. In assenza, ricorreremo ad analogie con altre lingue conosciute dai nostri studenti che peraltro, essendo tutti carrapipani, questi suoni li conoscono già. Mi si potrà dire a ragione che per imparare il carrapipano bisogna già conoscerlo. Osservazione paradossale, ma pertinente, almeno in assenza di laboratorio linguistico. Senza ulteriori indugi, passiamo adesso allo studio dei tre suoni:
1. La vocale con cui finisce la parola frati (“fratello”), come si dice e si scrive in siciliano standard, é la stessa dell’inglese “the”, del francese “petit” o del napoletano “isso”. Può essere trascritta con l’apostrofo (“”), come abbiamo fatto per il titolo del presente corso, con la e scritta alla rovescia, oppure con le vocali “i” ed “u” che vanno però lette pronunciando il suono che stiamo descrivendo. Scriveremo “figghi” (it. “figli” o “figlie”), come i catanesi, ma leggeremo “figghj’”. Il carrapipano si scrive in un modo e si legge in un altro? mi chiederà ironicamente il Pierino di turno (in ogni classe ce n’é almeno uno). Sì, risponderò io, e questo succede anche nelle migliori famiglie linguistiche: il francese, l’inglese e, a pensarci bene, anche in italiano. In finale di parola, possiamo non trascrivere questo suono: “figghj”.
2. La semivocale “w”, come nella parola “Washington”, sostituisce spesso e volentieri la “u” dei dialetti della Sicilia centrale: “sorella” si dice “suru” ad Enna, ma “swr” a Valguarnera; “uovo” si dice “uvu” nell’ Urbs inexpugnabilis, ma “wv” nella città di Francesco Lanza. (Attenzione al plurale: “ova” in ambedue le parlate! Ma questo dei plurali é un delicato problema di cui ci occuperemo più avanti).
3. La semivocale “j” sostituisce invece la “g” all’inizio di parola: “jatta” (it. “gatta”), “jetta” (it. “getta”), ecc. oppure in molti casi la “i” e comunque su di essa bisogna che cada l’accento della parola: “tjmp” (ennese “timpu”, it. “tempo”), “vjnt” (ennese “vintu”, it. “vento”). Che si tratti di semivocale risulta chiaro a chi ha succhiato valguarnerese assieme al latte materno: si provi a pronunciare il numero 20 e a paragonarne la prima sillaba con quella del vento e la differenza sarà lapalissiana.
Ma adesso basta con le chiacchiere e mettiamoci al lavoro, sbracciamoci o, come si dice a Valguarnera “calamu cu i casci” (chi ha fatto tesoro di quanto si é appena detto avrà pronunciato la “u” di “calamu” e la “i” di “casci” usando lo stesso suono: ).