Cultura e Società

Dopo la Venere torna a Morgantina anche “Barbablu”

Sta per rientrare in Italia un altro importantissimo reperto dopo la Venere.  E’ la testa di Ade, un meraviglioso marmo con i ricci della barba colorati che è stato trafugato alla fine degli anni Settanta e venduto al Getty dal collezionista newyorchese Maurice Tempelsman per 500 mila dollari. Raro e pregiato, un unicum nel suo genere, sia per il tipo di materiale utilizzato, assai fragile, sia per le consistenti tracce di policromia, rosso mattone nei capelli e blu nella barba – che valsero alla testa il soprannome Barbablù – il reperto è una testa in terracotta policroma, di epoca ellenistica, raffigurante molto probabilmente il dio greco Ade. Pare che la collocazione originaria della Testa di Ade fosse il santuario di Demetra, sito all’interno del parco archeologico di Morgantina. La Testa di Ade farà rientro in Sicilia venerdi e sarà ospitata nel museo di Aidone, dove già è in mostra la Venere. Il reperto, detto anche Barbablu, è stato consegnato nei giorni scorsi dal museo californiano alla presenza del console generale d’Italia a Los Angeles Antonio Verde e dei rappresentanti della Procura della Repubblica di Enna e dei carabinieri del nucleo tutela Patrimonio artistico di Palermo diretto dal maggiore Luigi Mancuso. “Dobbiamo soprattutto all’impegno e alla competenza degli archeologi italiani – ha affermato il Console Generale Antonio Verde – se da un ricciolo di ceramica blu ritrovato tra i resti degli scavi di frodo a San Francesco Bisconti si è potuta accertare la provenienza della testa dello stesso caratteristico colore custodita al Getty”. A capire che la testa di Ade proveniva da Morgantina è stata l’archeologa Serena Raffiotta, figlia dell’ex procuratore di Enna Silvio Raffiotta, da sempre in prima linea nella lotta per il recupero dei beni archeologici trafugati. Ed è stata proprio la Procura di Enna, con una rogatoria internazionale avviata nel 2014, a rendere possibile la restituzione che si era impantanata in una trattativa con il Paul Getty Museum per le spese di “importazione” del reperto.