Cronaca e Attualità

Ricostruito il martirio di Filippo Vizzini, eroe valguarnerese della seconda guerra mondiale

VALGUARNERA. Un martire conteso tra fascisti e antifascisti. Un giovane caporale del «Savoia Cavalleria» arruolatosi volontario nelle fasi finali della seconda guerra mondiale e finito trucidato dai nazisti a Collecchio, nel parmense, dopo aver salvato da morte certa una famiglia turca, prigioniera come lui in un campo di sterminio tedesco. Lui è Filippo Vizzini. Il suo nome figura nella toponomastica cittadina, rinnovata nell’immediato dopoguerra con denominazioni di chiara impronta antifascista. Ma compare anche tra i «soppressi da forze partigiane» elencati ne laltraverità.it, un sito internet dedicato ai caduti della Repubblica Sociale Italiana.
A dirimere il dubbio sulla reale scelta di campo fatta da Filippo Vizzini, è intervenuta la voglia di conoscenza di una giovane universitaria, Francesca Patti, che, scossa dal tragico Francesca Patti - Graziella Vizzinifatto di Giulio Regeni, ha deciso di approfondire quei «sentito dire» di sevizie e di morte afferrati nel racconto di Maria Luisa La Delfa, collaboratrice della casa di riposo delle Suore bocconiste di Valguarnera. Lì, infatti, è ospitata Graziella Vizzini, novantenne sorella dell’eroe, ormai unica depositaria della triste vicenda capitata allo sfortunato e indimenticato fratello. La giovane Francesca e la signora Maria Luisa, pensando a ragione che quel racconto possa servire a scuotere le coscienze, invogliano la signorina Graziella a parlare con il giornalista e ad abbandonare la tenera riservatezza mantenuta sino adesso sulla storia della sua ragguardevole famiglia. Già, perché oltre Filippo e Graziella, ci sono altre due sorelle: Maria, la più grande dei quattro, e Gina la più piccola. Ed è quest’ultima che si reca a Collecchio a parlare con tutti quelli che hanno saputo, a vedere i luoghi del martirio e il castagno a cui Filippo fu legato per essere duramente bastonato e infine fucilato. Ne porterà un ramo, nel vano tentativo di piantarlo e farlo rivivere in paese!
Filippo Vizzini, classe 1924, rimane orfano di padre in tenerissima età, e, pur se legatissimo alla madre, si arruola appena può per sottrarsi a una difficile situazione famigliare. Nel giugno del 1943 è ad Arsago in provincia di Varese, dov’è inquadrato nel 1° squadrone del reggimento Savoia Cavalleria. L’armistizio dell’8 settembre lo pone, come tutti, di fronte alla scelta di arruolarsi nella Repubblica di Salò, l’aggregarsi alla lotta partigiana o il darsi alla macchia. Non segue le truppe repubblichine, o se lo fa se ne allontana quasi subito. Finisce internato in un campo di prigionia in Germania e qui compie il suo atto di eroismo favorendo la fuga di una donna turca che piange e si dispera, non tanto per la fine imminente ma per il destino dei suoi figli rimasti soli a casa. La donna scappa infine col marito. E poi scapperà Vizzini insieme ad Antonio Loddo, suo compagno d’armi con cui condividerà il martirio.
Lacero ed emaciato, giunge non si sa come a Collecchio. Di fronte la porta di una chiesa una signora del paese lo sostiene e lo nasconde sperando che qualcun’altra faccia lo stesso con suo figlio, disperso anche lui nello sfacelo della guerra. Invece, Filippo e il suo compagno non sfuggiranno al rastrellamento casa per casa, alle torture e alla morte invocata da ultimo come liberazione quel 4 febbraio 1945.
Don Carlo Ferri - Edvigia Passini - Famiglia turcaLa donna della chiesa ha un nome, Edvigia Passini. È ritratta con l’arciprete Carlo Ferri durante lariesumazione delle salme e la loro ricollocazione nei colombai pietosamente allestiti per accogliere nel cimitero collecchiese i tanti caduti di quel triste periodo. Un po’ discosti nella foto anche i coniugi turchi salvati da Filippo Vizzini. La signora Edvigia sin che sarà in vita porterà fiori e lumini sulla tomba di quel «suo» figliolo. Poi sarà Antonietta Cozzo, una compaesana dell’eroe colà residente, a continuare l’affettuosa cura del sepolcro, informando costantemente per lettera la nostra signorina Graziella a Valguarnera.
Anche il parroco Giacomo Magno, che nell’immediato dopoguerra ottiene tramite il Vaticano informazioni sui dispersi, conferma alla madre, Maddalena Palermo, il gesto eroico compiuto dal giovane Filippo e si adopera presso le autorità municipali affinché ne venisse adeguatamente onorata la memoria con l’intitolazione di una via del paese.

Salvatore Di Vita

Lapide