Riceviamo e pubblichiamo

Sono passati 5 anni dal Referendum sull’acqua “pubblica”. Alcune considerazioni di Carlo Garofalo

Riceviamo e pubblichiamo quanto ricevuto da Da Carlo Garofalo, coordinatore provinciale dei comitati cittadini

Sono passati ben 5 anni da quel famoso 13 giugno 2011, quando, oltre 27 milioni di italiane e di italiani, che rappresentavano la maggioranza del Paese, si recarono alle urne per chiedere l’abrogazione di quelle norme di legge che privatizzavano un bene comune ed essenziale come l’acqua e soprattutto quelle norme che consentivano ai privati di trarre profitti dalla gestione di questo prezioso liquido. La volontà popolare uscita dal referendum ed esplicitata dalla Corte Costituzione fu proprio quella di “rendere estraneo alle logiche del profitto il governo e la gestione dell’acqua” Dopo quel referendum abrogativo si attendeva dalla politica una risposta coerente con la volontà popolare, ma i Governi che si sono succeduti (Berlusconi, Monti, Letta e Renzi) non solo non hanno rispettato quella volontà popolare, ma con vari provvedimenti l’hanno più volte calpestata. Proprio in questi giorni in Parlamento si sta discutendo il decreto Madia che addirittura stravolge quella volontà popolare, stabilendo che tutti i servizi locali in rete (compreso l’acqua) dovranno essere gestiti da società per azioni private e quel che è peggio viene reintrodotto il sistema di remunerazione del capitale investito, bocciato dal referendum del 2011. Ci viene da chiedere se effettivamente siamo in uno Stato di diritto, dove la volontà popolare dovrebbe essere rappresentata e garantita dal sistema parlamentare o, invece, siamo in uno Stato dove la classe politica, peraltro di nominati e non di eletti, stabilisce di non tenere conto della sovranità del popolo italiano, sovranità sancita dalla Costituzione. Le nostre preoccupazioni e perplessità vengono avvalorate da una politica dell’attuale Governo, che peraltro è simile a quella dei precedenti Governi, improntata su scelte liberiste che non tengono conto delle attuali condizioni economiche del Paese, del fatto che milioni di famiglie vivono in stato di povertà e del fatto che i beni comuni, come l’acqua, i servizi locali, il diritto alla salute, il diritto a poter sopravvivere, non possono sottostare a logiche di mercato e di profitto. Pertanto, nell’attuale contesto socio-economico questi diritti, a maggior ragione, andrebbero garantiti a tutti e per ottenere questo occorre sottrarli proprio alle suddette logiche privatistiche e liberiste. In Provincia di Enna, a distanza di cinque anni dal referendum, non è cambiato niente, se non un lievitare del costo dell’acqua, per garantire alla nostra Provincia il record nazionale in materia di costo del prezioso liquido e inserendo, nel frattempo in bolletta, tutta una serie di balzelli, come il deposito cauzionale e le partite pregresse (una scellerata delibera fatta dall’assemblea dell’ATO idrico che ha spalmato una perdita di ben 22 milioni di €uro alle utenze in 10 anni) per i quali c’è in atto un contenzioso giudiziario e dove il primo round è stato, peraltro, vinto dagli utenti. In effetti, avevamo la possibilità di rescindere il contratto con Acquaenna, per gravi inadempienze contrattuali, ma una ordinanza del commissario liquidatore dell’ATO idrico ha salvato, al momento, il contratto. Il nuovo Organismo del sistema idrico nato qualche mese fa (ATI: assemblea territoriale idrica), previsto dalla normativa regionale e che sostituisce l’ATO idrico, apre uno spiraglio circa il nuovo modo di concepire il governo e la gestione del sistema idrico in Provincia di Enna, dando, in questo senso, ampia competenza ai Sindaci. Noi ci auguriamo che al più presto l’ATI, presieduto, tra l’altro dall’Avv. Maurizio Di Pietro, Sindaco di Enna, che in tempi non sospetti, ha manifestato la volontà per una gestione pubblica del sistema idrico, nel passaggio delle consegne dalla vecchia alla nuova gestione metta in discussione l’ordinanza salva-contratto fatta dal commissario liquidatore e convochi un incontro con il forum acqua pubblica e beni comuni per concordare azioni comuni che portino al rispetto della volontà popolare espressa dalla maggioranza dei cittadini ennesi con il referendum del 2011.

Carlo Garofalo