Cultura e Società

L’assunzione della Madonna ai tempi della chiesa di Sant’Antonino

Il 15 agosto la Chiesa commemora la dormizione e l’assunzione in cielo della Madonna. Si tratta di un rito liturgico molto antico, celebrato inizialmente in Oriente e tutt’ora praticato in alcuni comuni del meridione d’Italia. Tra questi anche Valguarnera che celebrava questa solennità a Sant’Antonino, sin tanto che la chiesa rimase aperta al culto.
Un altare, posto al centro della “navicella a mano destra”, contemplava l’icona della Madonna con due statue: quella dell’Assunta sopra la tavola liturgica e, ai suoi piedi, in una teca in vetro, la Dormitio Virginis, ovvero la “Madonna morta” com’era chiamata dai tanti devoti che la lodavano.
La rara tradizione liturgica, oggi patrimonio orale di pochissime persone, finirà per essere dimenticata giacché nessuno ne ha lasciato memoria scritta, nemmeno il Magno nelle sue Memorie storiche di Valguarnera Caropepe. E Sant’Antonino non sembra poter rivivere entro breve tempo i fasti di “curata filiale” che ebbe in passato, perché rimane tutt’ora impraticabile per i lavori iniziati negli anni ‘90 e non ancora ultimati. Un vulnus da rimuovere, perché la chiesa con il suo campanile, visibile da ogni angolo del paese, rappresenta un bene architettonico di rilevante valore storico-culturale. Non è nota la data esatta di edificazione ma si pensa che la costruzione sia stata iniziata su fabbriche antecedenti il XVII secolo, mentre la prima testimonianza certa è data da un atto di seppellimento del 1666. Era allora in uso seppellire i morti all’interno delle chiese e difatti durante i lavori del 1995 è venuta alla luce un’ampia cripta sepolcrale con altare in fondo (una chiesa sotto la chiesa, di cui è evidente la valenza culturale) costruita dai confratelli della Mercede per le loro sepolture. Altro elemento di pregio, che dà a Sant’Antonino una configurazione insolita nel panorama delle chiese siciliane, è la piccola navata con tre altari costruita a destra dell’unico corpo centrale nel 1875 su iniziativa del superiore del tempo, il massaro Santi Oliveri. Inoltre, la pregevole torre campanaria di cui s’è detto, con le due sezioni di pietra calcarea ed arenaria e con il cono in materiale ceramico multicolore che svetta sui tetti cittadini e sulle campagne circostanti. E gli arredi sacri, e le tante statue oggi custodite nei locali della Matrice, sono tutti elementi che contribuiscono ad affermare l’importanza dell’edificio ecclesiastico e la necessità di sottrarlo alla rovina e all’abbandono.

Salvatore Di Vita