Cultura e Società

CINQUANTATRE’ ANNI FA USCIVA “IL BAGLIO” Mensile valguarnerese di politica, attualità, costume e cultura

Un redattore di Valguarnera.com ha ritrovato tra le vecchie cose che si accumulano nei cassetti, il primo numero del Baglio, il mensile che fondai nel dicembre del 1965 – cinquantatré anni fa: una vita! – e mi ha chiesto se avessi voglia di parlarne ai visitatori del nostro sito fornendo loro la possibilità di sfogliare le sue pagine ingiallite. Un salto nel tempo non indolore che però vale la pena di effettuare poiché ci permette di focalizzare il riflettore su alcuni aspetti della storia recente del  paese e anche perché – mi si corregga se sbaglio – quel giornale fu il primo che abbia mai visto la luce a Valguarnera.

Quando ebbi l’idea, ne parlai in giro. Sorse per primo il problema del nome. Qualcuno mi suggerì  “U Bagghj”, il cortile in cui tradizionalmente si tengono le discussioni. Il suggerimento mi piacque poiché quel nome racchiudeva due delle nozioni portanti del progetto: il dibattito e il legame con la cultura popolare.  Si pose allora il problema della trascrizione della parola. L’ortografia messa a punto nelle mie “lezioni di carrapipano” non esisteva ancora; avevo la scelta tra quella del siciliano standard “bagghiu” o quella italianizzata. Scelsi la seconda pensando che avrebbe conferito un tocco regionale alla lingua italiana con la quale il giornale sarebbe stato ovviamente scritto.

Mi misi dunque alla ricerca di collaboratori ed ecco chi trovai: il barbiere Salvatore Stagno in chiave di amministratore (l’indirizzo di Piazza della Repubblica 1 è quello del suo “salone”), Giovanni Barbano (studente) che con Filippo Faraci (della FFFFF: Fabbrica Fiammiferi Filippo Faraci e Figli) si sarebbe occupato di sport (vale a dire, di calcio), Alfonso Palermo (perito industriale), Filippo Romano (macellaio) e lo studente in giurisprudenza Rino Berritta. Quest’ultimo, nella stesura del giornale, svolse un ruolo non inferiore al mio: si devono alla sua felice penna anche gli articoli firmati FM (“Falce e Martello”, se ricordo bene). Oltre che col nome, io invece firmavo CRM (“Castigat ridendo mores” = ridendo corregge i costumi): il mio modello era Ruggero Zangrandi che scriveva “biglietti” satirici su Paese Sera.

Acquistammo le matrici che sarebbero state incise dalle lettere taglienti della mia “Olivetti lettera 22” per essere successivamente attraversate dall’inchiostro del ciclostile ennese messo a nostra disposizione dalla complice Camera del Lavoro provinciale.  Trovammo alcuni “inserzionisti”:  Autofficina Bellino, Coiffeur pour dames Felice Bongiorno, Gioacchino Arena (servizio a domicilio con una sola telefonata al n° 221), Emporio Restivo, Pietro Arena (che non pubblicizza casse da morto, ma salotti), Complesso Hully-Gully, Enzo Barbagallo (servizi celeri eseguiti col sistema Pako), Oleificio Loiacono e  (of course) la Macelleria Romano. Stampate e graffettate le 14 pagine, ci mettemmo a vendere (50 lire a copia) il “mensile valguarnerese di politica, attualità, costume e cultura” tra Castello, Piazza e Canale. Adesso, a più di 50 anni di distanza, quelle pagine potete sfogliarle anche voi.

In prima pagina, troverete la lettera di intenzioni al lettore (rimediare all’apatia generale, informare, dibattere) e un feroce articolo contro un noto amministratore messo in berlina per il suo presunto caratteraccio e per le promesse elettorali non mantenute. Nelle altre pagine, la cronaca di una agitatissima e ricca di sorprese seduta del consiglio comunale, quella di una manifestazione contadina, lo sport, una recensione dell’ultimo libro di Leonardo Sciascia, quello sulle feste religiose in Sicilia, il lancio dell’iniziativa mirante a porre una lapide sulla tomba, rimasta anonima,  di Francesco Lanza e, infine, due scritti dello stesso Lanza: Principio di stagione e uno dei suoi mimi.

L’anno successivo, verrà pubblicato un secondo numero del Baglio per poi passare al numero unico Lotta comunista valguarnerese: il 68 è alle porte e sulle pagine che avete sotto gli occhi, in qualche misura, fa già capolino.

Enzo Barnabà

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