Cultura e Società

Carabinieri da generazioni, la famiglia Barbarino da cento anni al servizio dello Stato

«Cento anni al servizio dello Stato e dell’Arma dei carabinieri». È questo il rendiconto di un percorso esemplare seguito da diversi componenti della stessa famiglia a cui il destino ha riservato la sorte di vestire la divisa con onore e, in un caso, sino all’estremo sacrificio della vita.

Lo racconta a «La Sicilia» Paolo Barbarino, agricoltore settantatreenne con zii, figlio e nipote arruolati o comunque con un passato nella «benemerita». E un fratello, Giuseppe Barbarino (in basso a sinistra nella foto), rimasto ucciso in un conflitto a fuoco durante la traduzione di alcuni detenuti.

Una storia che inizia nel 1918 quando, sul finire della I guerra mondiale, Paolo Barbarino (in alto a sinistra nella foto) classe ‘900, ultimo di cinque fratelli (tra cui Giuseppe, il padre del nostro «narratore»), viene chiamato alle armi per le fasi finali del conflitto. Ne esce indenne, e probabilmente affascinato dell’esperienza militare, decide di farsi carabiniere rimanendo nell’Arma tutta la vita.

Lo seguirà Rosario, un altro dei cinque fratelli, che sarà carabiniere a cavallo durante la II guerra mondiale. Poi sarà la volta di Giuseppe Barbarino, rimasto vittima in una carrozza cellulare, nei pressi della stazione ferroviaria di Novi Ligure, durante un trasporto detenuti da Torino a Genova. «Il fatto avvenne il 25 gennaio 1971, mio fratello era un uomo forte e robusto – racconta Paolo – 1,85 di altezza per oltre 100 chili di peso. E non aveva paura di nulla. Durante il tragitto due dei reclusi che non avevano niente da perdere (uno ergastolano e l’altro condannato a lunga pena), con una finta pistola costruita con stecchini, mollica di pane e cera nera riuscirono a disarmare e neutralizzare i due carabinieri che li conducevano in bagno. Poi sbucarono armati nel corridoio presidiato da Giuseppe Barbarino e un collega. Si accese una cruenta sparatoria e un malavitoso e Barbarino caddero colpiti a morte, mentre il collega riportò lo spappolamento di parte dell’articolazione di una mano. L’altro bandito continuando a sparare riuscì a sopprimere altri due carabinieri prima di essere sopraffatto e ucciso dalla pronta reazione degli altri». Una scena da film, con bossoli e sangue dappertutto, riferitaci non senza emozione dal nostro Paolo che riprende poi il racconto parlandoci di suo figlio Giuseppe (in alto al centro nella foto) che ha fatto l’ausiliario per un anno per poi continuare a gestire l’azienda agricola di famiglia. L’ausiliario lo ha fatto pure Antonio (in basso al centro nella foto, fratello del defunto Giuseppe e dello stesso Paolo) mentre il figlio di lui (in basso a destra) presta attualmente servizio come maresciallo in provincia di Arezzo.

C’è anche Luca (in alto a destra) nella saga familiare dei Barbarino: ausiliario anche lui, mentre la madre Lucia (la vedova di Giuseppe) è madrina della bandiera dell’Arma nella regione Piemonte.

Giuseppe Barbarino aveva 37 anni quando morì, e il 25 gennaio ricorre il 48mo anniversario. È stato insignito della medaglia d’argento alla memoria. Mentre Valguarnera, suo comune di nascita, gli ha intitolato tempo addietro una piazza il cui iter amministrativo – fa sapere il sindaco Francesca Draià – è incompleto ed in via di perfezionamento proprio in questi giorni. Una cerimonia ufficiale concertata con i vertici dell’Arma e con la presenza dei parenti provenienti dal nord Italia si svolgerà il prossimo mese di aprile.

Salvatore Di Vita