Cultura e Società

La cancellazione dei Savoia dalla toponomastica valguarnerese

Una curiosità storica. Valguarnera Caropepe fu con tutta probabilità l’unico comune italiano a cancellare nell’immediato dopoguerra i nomi dei Savoia dalle vie del paese. Lo fece con deliberazione del primo consiglio comunale repubblicano nel dicembre del ‘46, sei mesi dopo il referendum istituzionale che a giugno aveva sancito la fine della monarchia e l’avvento della repubblica in Italia. Fu un atto dal forte significato simbolico voluto da quei partiti politici che chiedendo a gran voce il cambiamento e ispirandosi ai valori della resistenza si fecero interpreti del malessere sociale generato dal passato regime. «L’intento fu quello di cancellare il ricordo della monarchia che aveva favorito l’ascesa e il consolidamento al potere del fascismo», scrivono Francesco e Silvia Giarrizzo in una loro pubblicazione che dà conto di quegli accadimenti.
E difatti la proposta di cancellazione venne, non a caso, dagli «antagonisti» della monarchia. Ovvero dai consiglieri eletti nella lista «Fronte repubblicano», un raggruppamento d’impronta laico-marxista che aveva conquistato ben 24 seggi contro i 6 della minoranza rappresentata in quel caso dalla Democrazia Cristiana.
Tanti i protagonisti di quella tornata che ancora oggi vengono ricordati in paese. «Fra gli altri – scrive Giarrizzo – i socialisti (allora inquadrati nel Psiup) Salvatore Mineo, Francesco Scoto (che diventerà sindaco), Felice Giambra, Andrea Pavone, Serafino Prato, Cristofero Costa, Concetto Pecora, Cristofero Spampinato; i democristiani Pino Monica, Sebastiano Grillo, Sebastiano Scarlata e Giuseppe Di Fede; i repubblicani Salvatore Pecora e Ignazio Incardona; i comunisti Francesco Marano, leader del Pci, con i compagni Gaetano Cozzo, Giuseppe Blanca, Giuseppe Pavone, Alfonso Liberti, Antonino Grillo, Rosario Alaimo, Giuseppe D’Amico, Luigi Campanella e Giuseppe Loggia, ieratico “comunista di Dio”» che per una crisi mistica (rectius, il mancato inserimento nella lista delle regionali) uscirà dal Pci e si ritirerà nell’eremo di monte Scalpello per venirne fuori tempo dopo quale «chiromante e genio incompreso».
Furono momenti in cui la contrapposizione ideologica internazionale generava grande fermento politico anche nei piccoli centri. Dacché pure la rimozione dei nomi dei Savoia dalla toponomastica cittadina poteva servire a «distinguersi» rispetto all’intruppamento allora presente nella sinistra locale. Fu così che il consigliere Andrea Pavone (giusto quanto raccontato da Pier Francesco Battiato, già esponente di punta dei socialdemocratici ennesi), su sollecitazione del suo gruppo oramai delineatosi in seno al Psiup per poi confluire (dopo la «scissione di Palazzo Barberini») tra i saragatiani, avanzò la proposta infine votata favorevolmente dal consiglio comunale. Sparirono dunque i nomi di re e regine nonché dei collaterali di casa Savoia, sostituiti nelle vie e nelle piazze da personalità più consone alla tradizione della sinistra e compresi i tre martiri locali del nazi-fascismo: Giuseppe Augino, Francesco Marotta e Filippo Vizzini. Fu eccessiva questa volontà di rimozione? Secondo alcuni sì. Mentre per altri non pare concluso il dibattito storico. Basti vedere il processo di rimozione avviato in questi giorni da alcuni comuni della Sardegna!

Salvatore Di Vita