Riceviamo e pubblichiamo

C’era una volta un paese tranquillo e operoso…

In concomitanza con un nuovo improprio utilizzo del campo sportivo abbiamo ricevuto in redazione questo breve racconto.

C’ERA UNA VOLTA. . .

. . . un paese tranquillo ed operoso. C’erano tanti opifici dove gran parte degli abitanti lavoravano e grazie ai quali il paese prosperava. La gente non pativa privazioni ed erano tutti sempre sorridenti.

Ma improvvisamente la situazione mutò, gli opifici, uno ad uno, smisero di produrre ed il paese in poco tempo perse la sua ricchezza. Molti lo abbandonarono e chi rimase non ebbe più voglia di sorridere.

Un giorno il nuovo Podestà, più furbo dei suoi predecessori, decise che era necessario far tornare il sorriso ai suoi concittadini e cominciò a pensare ad una soluzione. I suoi collaboratori gli proponevano chi di creare nuove fabbriche che, facendo guadagnare industriali ed operai, avrebbero ridato ricchezza ed allegria al paese, chi di distribuire appezzamenti di terreno agli abitanti per farne orti, boschi e vitigni così che potessero goderne i frutti.

Ma il Podestà ebbe un’idea migliore. Avrebbe organizzato feste, balli e canti e bandito giostre e sagre, che, facendo dimenticare le miserie della vita, avrebbero donato nuovamente il sorriso agli abitanti del paese. Avrebbe anche tagliato gli alberi che ornavano le vie del paese per dare più spazio ad osti e pasticceri e locandieri di montare i loro banchi per esporre e vendere carni, vino e leccornìe varie ai cittadini che tra un lazzo e l’altro potevano satollarsi e bere a volontà.

E, quindi, fu organizzata una festa e, finita quella, un ballo in maschera e, poi, la sagra del pero ed una del fico secco e non si faceva in tempo a finire un’orgia di stravizi che subito ne cominciava una ed un’altra ancora. Ed era tutto uno scorrazzare chi di qua chi di là per far bisboccia e baldoria a non finire.

Qualcuno ogni tanto, sommessamente, faceva notare che gli abitanti del paese (e quelli che ormai se ne erano andati) avevano bisogno di lavorare e non di gozzovigliare. Ed il Podestà: “zitto tu, la gente vuol divertirsi e non sudare. Non vedi come sono felici di darsi ai bagordi?”.

“Anzi – disse il Podestà – adesso faremo venire in paese giocolieri, circhi e acrobati che con i loro spettacoli ancor più allieteranno i nostri bravi e non più tristi compaesani”.

“Ma, Podestà dove potranno piantare le loro tende ed i loro carri questi saltimbanchi? Non abbiamo spazi sufficienti in paese.”

“Certo che sì”. – rispose il Podestà con gli occhi che brillavano per la furba pensata – “Si accamperanno nell’Arena destinata ai giochi ludici dei nostri ragazzi”.

“Però, così, i ragazzi non avranno un posto dove giocare – ribatté sempre più contrito il consigliere del Podestà – ed i saltimbanchi sporcheranno e rovineranno l’Arena da poco restaurata con i soldi che i paesani hanno pagato in tasse e dazi”.

“Non voglio sentire più discussioni – fece stizzito il Podestà – qui si fa come dico io e al diavolo i ludi dei ragazzi. L’Arena è mia e ne faccio ciò che voglio. E i miei compaesani devono continuare a divertirsi. E se l’Arena si rovina poi si vedrà se e come rimediare”.

E fu così che l’Arena dei giochi ludici fu invasa da carri, banchi, giocolieri, mangiafuoco, animali feroci e bestie da soma, incantatori di serpenti, odalische, e tendoni dove si tenevano spettacoli di magia ed ogni sorta di giuoco d’azzardo.

E (quasi) tutti in paese ridevano, plaudivano e alzavano strane grida di gioia come . . . i ciuchi in cui erano stati trasformati Pinocchio e Lucignolo.

C’era una volta un paese che era come il paese dei balocchi e, purtroppo, . . . c’è ancora.

Carmelo Giarrizzo