Cultura e Società

Il verde cittadino, quello che c’era e adesso non c’è più.

A leggerla oggi sembra un’affermazione troppo forte quella di padre Roy Dunford quando ebbe a dire di non poter credere che l’indecente lordura incontrata entrando in paese fosse «il diretto risultato della guerra. C’erano inequivocabili segni che portavano a pensare che quello squallore esistesse da generazioni» (Cfr, Vittorio Speranza, Valguarnera 18 luglio 1943: cronaca di una battaglia, 2018).

Eppure l’impressione annotata dal cappellano militare delle truppe canadesi giunte a occupare Valguarnera dopo lo sbarco alleato in Sicilia potrebbe non essere esagerata, avvalorata com’è da quanto riportato anni dopo da Francesco Giarrizzo in uno dei suoi libri: «Per capire le pessime condizioni igieniche in cui si trovava l’abitato urbano, è sufficiente ricordare i letamai esistenti sino al 1953 agli angoli delle vie interne e l’immondezzaio di piazza Colajanni, al centro del popoloso quartiere della “Mursiata”» (Cfr, Risonanze del travaglio ideologico del paese sugli eventi politici comunali, 1995).

«Sconcezze da popoli incivili», continua Giarrizzo, a cui fu posto rimedio con la municipalizzazione del servizio di nettezza urbana attuata dall’amministrazione di Enzo Sicilia, l’indimenticato «sindaco superlativo» che negli anni dal 1953 al 1959 trasformò Valguarnera in un paese pulito e accogliente realizzando un intenso e organico programma di opere pubbliche e sociali e cominciando l’impianto del verde pubblico cittadino con la duplice funzione di abbellire il paese e coprire talune brutture in seno all’abitato.

Sorse così la villa comunale, oggi intitolata a Falcone e Borsellino, «uno splendido giardino con alberi d’alto fusto e con bellissime aiuole di fiori, servito a risanare il letamaio che deturpava il monumento ai caduti della prima guerra mondiale (esistente dal 1938, ndr) attorno al quale si depositavano rifiuti di ogni specie». Un giardino curato per intero da una sola persona, un giardiniere comunale che per un certo periodo riuscì a mantenere persino il calendario vegetale in cui si cambiava la data tutte le mattine alla stregua della Villa Bellini di Catania.

L’amministrazione procedette con la sistemazione della via Sant’Elena, trasformata in viale alberato e tutt’ora considerata il salotto buono del paese. E ancora, la piazza Francesco Lanza, allora a fondo naturale, pavimentata e attrezzata di verde e corpi illuminanti. Poi nella piazza Colajanni, interamente risanata, furono collocate altre piante, e lo stesso avvenne nelle piazze del Popolo e Tuttobene, mentre altri alberi furono messi a dimora nel grande marciapiede davanti la scuola elementare «Mazzini».

Altre amministrazioni continuarono il lavoro di quel sindaco intraprendente realizzando nel 1971 un secondo giardino pubblico sopra una discarica per gli inerti: l’attuale Villa Lomonaco. Eliminato anche il dirupo vicino l’ufficio postale con la realizzazione della piazza alberata intitolata ad Aldo Moro ed eliminato l’immondezzaio dietro la chiesa di Sant’Anna dov’è sorta la piazza intitolata ai Caduti di via Fani. Più di recente è stato realizzato un marciapiede alberato lungo il prolungamento della via Medaglia d’oro Angelo Pavone.

È stato così che Valguarnera ha potuto beneficiare di un consistente patrimonio arboreo e floreale che nella fase di crescita e di maturazione ha elargito benefici effetti alla popolazione riducendo gli inquinanti, ossigenando e rinfrescando l’aria, limitando i rumori e fornendo habitat alla biodiversità urbana. Ma gli alberi, come tutti gli esseri viventi, hanno un’aspettativa di vita, entrano in senescenza, si ammalano e muoiono. E quindi bisogna averne cura per tempo affidandone la gestione a persone competenti e programmando la sostituzione e il reintegro delle piante vecchie e malate o danneggiate con virgulti sani e possibilmente confacenti ai luoghi cui sono destinati.

Concetti, questi, non sempre pienamente compresi dai cittadini e, molto spesso, nemmeno dagli stessi politici e amministratori.

Ovviamente, il non ottemperare a delle regole agronomiche ha delle conseguenze. Infatti, volendo fare un po’ la contabilità anche empirica delle piante che c’erano e adesso non ci sono più, si ricava un risultato davvero sconfortante: circa il cinquanta percento del patrimonio arboreo cittadino non esiste più, mentre quello rimanente è vecchio, malato e/o danneggiato.

Basta guardarsi intorno per rendersi conto. Nel prolungamento della via Angelo Pavone verso Val di Noce ci sono una ventina di stalli per le piante: dieci di queste piante non ci sono più. Una quindicina mancano all’appello proprio di fronte la Villa Lomonaco, e le aiuole dello stesso giardino, a parte lo sporadico pareggiamento delle siepi, sono incolte e interrozzite. Due magnifici cedri del Libano furono eliminati a suo tempo (si disse, per ragioni di sicurezza) ai lati della scalinata della scuola media Pavone e delle acacie furono tagliate nei pressi. Non si presenta bene pure la villa Falcone Borsellino: lì, altre piante d’alto fusto sono state tagliate per ragioni di sicurezza, mentre il «punteruolo rosso» ha provveduto a disseccare una decina di bellissime palme da dattero. Il micidiale coleottero ha fatto inaridire altri due magnifici esemplari in piazza Tuttobene, e sempre lì due grandi e belle conifere sono state abbattute l’anno scorso per ragioni di sicurezza conseguenti al distacco di un grosso ramo. Più di recente sono state tagliate sei piante di fronte l’ex macello comunale ed altre ancora all’interno di questo per fare spazio al costituendo EcoPunto. Ancora, nella piazza Colajanni si è proceduto all’azzeramento totale della vegetazione arborea: quindici vecchie acacie sono state rase al suolo. Nella via Sant’Elena, come detto il salotto buono del paese, la contabilità diventa persino difficile a farsi. Ad ogni modo, su circa novanta stalli per le piante, ne risultano vuoti più di trenta e molti di questi sono stati cementati.

A fronte di ciò, e fatti salvi alcuni interventi a spot, da decenni oramai non si avvia un’organica campagna di manutenzione del verde cittadino e negli ultimi cinque anni non si è proceduto alla messa a dimora di nessun nuovo albero. Proprio nessuno. Nemmeno uno di quelli della specie sbagliata che spesso si mettono nel posto sbagliato!

Salvatore Di Vita