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Quel grande bevaio del «Canale»

Per la toponomastica cittadina si chiama «Piazza Garibaldi», ma per la stragrande maggioranza dei caropepani quello slargo col relativo crocevia di strade si chiama da sempre il «Canale». Perché lì nei tempi che furono c’erano le cannelle dell’acqua dalle quali attingere il prezioso liquido quando questo non era ancora distribuito nelle case con il pubblico acquedotto.

I vecchi ricordano che queste cannelle erano nei pressi dell’ex centrale elettrica, e l’informazione appare corretta giacché confermata da un inciso contenuto nella delibera con cui, nel 1922, il consiglio comunale accordò alla società imprenditrice il suolo sul quale realizzare il fabbricato della centrale: «Il Comune, riconoscendone l’utilità pubblica, agevolò l’iniziativa con la concessione gratuita di 200 metri quadrati di suolo pubblico “prospiciente le antiche cannelle dell’acqua del Canale” su cui sorse la costruzione ove fu impiantata la centrale termoelettrica» (Cfr. Francesco e Silvia Giarrizzo, Valguarnera Caropepe all’epoca dei cavalieri e dei podestà, NovaGraf, Assoro, 2001).

Quindi sappiamo con ragionevole certezza che negli anni venti del Novecento le cannelle dell’acqua erano in quello spiazzo chiamato il Canale. Ed è lì che la memoria d’uomo si ferma, non risultando – apparentemente – altra testimonianza o prova sicura che ci dica cosa c’era in quel posto prima d’allora.

Ma a ben guardare esiste un documento probatorio che attesta la morfologia della zona nella seconda metà del XIX secolo. È il catastale del 1877, le cui tavole originali sono custodite nell’Archivio di Stato di Enna. Ne riportiamo uno stralcio in cui si vede che al Canale, allora periferia del centro urbano, esisteva un grande bevaio a pianta ottagonale (del tipo di quello riprodotto in foto) ad uso delle greggi e degli animali da soma quella volta assai numerosi. Dalla mappa si rileva inoltre che i terreni a salire verso San Giuseppe non erano stati ancora edificati e che lo sbocco dello spiazzo, verso Via Mazzini, dal lato dell’attuale supermercato Decò, era chiuso da un fondo (verosimilmente un locale di deposito o una stalla) successivamente rimosso per consentire la prosecuzione dello stradale che tutt’oggi conduce verso Mulinello e la valle di Dittaino.

Di quel bevaio, che poteva anche essere di pregevoli fattezze, nessuno sa dire alcunché. E sarebbe certamente molto interessante se, a seguito di quest’articolo, venissero fuori dei documenti, qualche foto (per quanto improbabile) o qualche altro dettaglio che permetta di descrivere meglio lo stato dei luoghi di quel periodo.

Salvatore Di Vita