Cultura e Società

Conferita la medaglia d’onore alla memoria di Antonino Speranza, deportato nel 1943

 

Unica in tutta la provincia di Enna, é la Medaglia d’onore conferita ieri alla memoria di Antonino Speranza, militare valguarnerese deportato durante la seconda guerra mondiale. Una medaglia conferita dal presidente della repubblica Sergio Mattarella al valguarnerese ex caporale di fanteria dell’esercito italiano, deportato dai tedeschi in un campo di concentramento della Germania durante la Seconda Guerra Mondiale. Ieri alla Prefettura di Enna, in occasione del 75° anniversario della nascita della Repubblica, è stato consegnato dal sindaco di Valguarnera, Francesca Draià, il prestigioso riconoscimento al figlio del deportato, Vittorio Speranza, docente in pensione, il quale aveva presentato l’istanza di concessione del riconoscimento per il proprio genitore. La Medaglia d’Onore viene concessa ai cittadini italiani, militari e civili deportati e internati nei lager nazisti e destinati al lavoro coatto. Il foglio matricolare del militare narra le dure vicissitudini vissute nel periodo della deportazione in terra tedesca. Eccone una sintesi fatta dal figlio Vittorio. «Mio papà fu richiamato alle armi alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale il 6 maggio 1940, partecipandone con il 3° Reggimento Fanteria “Piemonte”, di stanza a Messina. Il 18 febbraio 1941 si imbarca a Bari per l’Albania, dove sbarca a Durazzo il 20 febbraio e partecipa alla campagna di guerra greco-albanese. L’8 settembre 1943, data dell’armistizio, viene fatto prigioniero dai tedeschi in Grecia. Da lì, comincia una vera e propria odissea. La stessa che vissero altri 600 mila soldati italiani. Tutti deportati nei campi di concentramento della Germania, della Polonia e dell’Austria. Quasi tutti – racconta Vittorio Speranza- accettarono la condizione di lavoratori schiavi, rifiutando di aderire alla Repubblica Sociale Italiana e di combattere contro gli Alleati. Mio papà fu internato nello Stalag 326 VI K, nel Nordreno Vestfalia, a Neheim Huesten II. Lavorò presso la Ditta Desch, che aveva in forza 80 internati, costretti a lavorare in condizioni estremamente pesanti. Il 10 aprile 1945 fu liberato dalla prigionia e il 18 agosto 1945 poté far ritorno a casa>>.

Per la famiglia Speranza, l’onorificenza conferita, anche se postuma, al proprio congiunto ha un valore particolarmente significativo. «Questo 2 giugno – dichiara Vittorio Speranza – ha avuto per me, i miei fratelli e la mia famiglia un significato particolare. Le istituzioni democratiche e antifasciste hanno riconosciuto, seppure tardivamente, a mio padre e ai seicentomila Internati Militari Italiani in Germania il merito di aver detto NO alla Repubblica di Salò e al Nazifascismo, durante i venti mesi di dura prigionia. Il rifiuto degli Internati Militari Italiani è certamente tra le scelte fondative della Repubblica nata 75 anni fa dalla Resistenza e dalle lotte partigiane>>.

Arcangelo Santamaria