Cultura e Società

Sant’Antonino, la chiesa interdetta al culto per un restauro iniziato negli anni ’90

La buona novella della chiesa di San Liborio che sarà presto restaurata ha generato una ventata d’ottimismo nei confronti di un altro bene ecclesiastico che attende da circa un trentennio di essere restituito alla comunità. Si tratta di Sant’Antonino, la bella e caratteristica chiesa del XVII secolo ubicata nel quartiere più antico del paese e interdetta al culto per interventi di restauro iniziati negli anni ’90 e rimasti tutt’ora incompiuti. Molti in paese s’interrogano sul destino ultimo dell’edificio auspicando la ripresa dei lavori sino al suo completamento. Sul tema, anche il sindaco Francesca Draià, con un commento sui social, ha manifestato l’intenzione di volersi interessare. E a lei abbiamo chiesto quali collaborazioni intende avviare con la Curia per salvare Sant’Antonino dall’abbandono. «Tempo addietro con padre Filippo Salamone (Già vice direttore dell’Ufficio diocesano dei Beni culturali, ndr) avevamo parlato delle indagini geognostiche necessarie per valutare lo stato dei terreni sottostanti la chiesa – ci dice Francesca Draià –, esami difficili da realizzare per la difficoltà di accedere ai luoghi ma indispensabili per l’elaborazione del progetto complessivo di ristrutturazione. È mia intenzione impegnare l’Ufficio tecnico comunale affinché nei primi mesi del 2022, in accordo con la Curia, si possano iniziare dette indagini in modo da farsi trovare pronti per il prossimo bando regionale a cui partecipare per attingere le risorse necessarie così come è stato fatto per la chiesa di San Liborio».

A quanto pare il problema rappresentato è quello di sempre: le indagini geognostiche e la difficoltà tecnica per accedere con mezzi adeguati nei terreni retrostanti la chiesa. Già Francesco Rizzo parroco della Chiesa Madre (nella cui giurisdizione ricade Sant’Antonino) si era imbattuto in questa difficoltà, ed aveva tentato di superarla convocando un tavolo di confronto con diverse istituzioni pubbliche che avrebbero potuto indicare le modalità di progettazione degli interventi di consolidamento e restauro dell’edificio ecclesiastico. Apprendemmo allora – e ne scrivemmo qui – dell’esistenza del «Progetto di indagini geognostiche propedeutico ai lavori di consolidamento e restauro della chiesa di Sant’Antonino in Valguarnera» redatto da un gruppo di professionisti all’uopo incaricato. Si disse inoltre che era disponibile anche la somma necessaria per lo svolgimento di questa prima importante esplorazione dei terreni su cui sorge la chiesa. Ma non se ne fece nulla. «Forse il progetto è datato e non più attuale – afferma Fabio Tortorici, componente del Consiglio nazionale dei geologi –, non conosco la specificità di Sant’Antonino ma nella generalità dei casi che si presentano oggi questi problemi vengono superati con strumenti d’indagine geognostica non invasivi che non arrecano danno alle strutture e alle proprietà contigue al punto d’intervento».

La chiesa di Sant’Antonino, lo ricordiamo, rappresenta per il paese un bene di rilevante valenza storico-culturale. Non è nota la data esatta della sua edificazione ma si pensa che sia stata iniziata su fabbriche antecedenti il XVII secolo, mentre la prima testimonianza certa è data da un atto di seppellimento del 1666 citato dal Magno nelle ‘Memorie storiche di Valguarnera Caropepe’. Una preziosa cripta sepolcrale con altare in fondo, venuta alla luce durante i lavori del 1995, la presenza di una «navicella a mano destra», che dà a Sant’Antonino una configurazione insolita nel panorama delle chiese siciliane, la pregevole torre campanaria che svetta sul panorama del paese, contribuiscono ad affermare l’importanza architettonica dell’edificio che si vuole sottrarre all’abbandono e all’oblio.

Salvatore Di Vita