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Un importante leader italoamericano: Girolamo Valenti

Girolamo Valenti nacque a Valguarnera nell’aprile del 1892, quando la stagione dei Fasci siciliani si affacciava all’orizzonte. Suo padre, don Gaetano, anche lui valguarnerese aveva 25 anni e lavorava nell’industria dello zolfo. Fu con lui che Girolamo ebbe le prime furiose discussioni sulle condizioni dei lavoratori delle miniere. Dopo aver terminato gli studi secondari a Catania, Valenti ottenne un impiego presso l’amministrazione provinciale delle poste, ma il lavoro di routine gli era insopportabile. In quegli anni iniziò a frequentare i circoli socialisti catanesi legati a Mario Rapisardi, a Napoleone Colajanni e a Giuseppe De Felice Giuffrida.

Non furono né la povertà nè le persecuzioni politiche a spingere Valenti a emigrare negli Stati Uniti, ma l’idea della “terra promessa” nella quale poter cambiare radicalmente la propria vita. Nel 1911, Girolamo lasciò la Sicilia con l’idea di intraprendere la carriera di giornalista e con il chiaro desiderio di ottenere al più presto la cittadinanza americana. Le sue capacità non erano tanto quelle di un agitatore quanto quelle di un oratore calmo e persuasivo. Queste doti lo portarono ad aderire alla Federazione italiana del Socialist Party of America, mentre a livello nazionale fu attivo nella propaganda elettorale a sostegno di Eugene Debs e Norman Thomas, candidati socialisti alla presidenza degli USA. Nel 1917, dopo aver diretto diversi giornali socialisti, Valenti succedette a Vittorio Buttis [vedi: Memorie di vita di tempeste sociali | Fondazione Giuseppe Di Vittorio (fondazionedivittorio.it), ndr] come direttore de La Parola Proletaria, incarico che mantenne con brevi interruzioni fino al 1923.

Valenti fu anche un organizzatore sindacale per l’Amalgamated Clothing Workers of America, l’International Ladies’ Garment Workers Union e la Shoe Workers Union. Una pietra miliare della sua attività fu la convinzione della necessità di elevare i lavoratori a livello sociale e sindacale attraverso l’istruzione. Nel 1916 fu uno dei leader dello sciopero dei fabbricanti di mantelli a New York, mentre nel 1920-21 fu attivo nella Camera del Lavoro Italiana a New York e collaborò al suo giornale intitolato Il Veltro.

Negli anni tra le due guerre, Valenti unì una virulenta opposizione al fascismo a un forte anticomunismo. Dopo l’entrata in guerra degli Stati Uniti, fu consulente per gli affari italiani dell’Office of Strategic Services. Poco dopo la fine del conflitto, fu nominato direttore dei programmi in lingua italiana della stazione radio WNHC.

La carriera di Valenti negli Stati Uniti fu caratterizzata da un’americanizzazione relativamente rapida. Al momento della sua morte, l’Italia, pur rimanendo un punto di riferimento affettivo, era diventata per lui molto lontana. In una lettera a Serafino Romualdi [Serafino Romualdi – Wikipedia, ndr] del 1958, affermava di essere pronto a lottare per il “rafforzamento della democrazia e del nostro modello di vita contro la minaccia sempre più grave dello stalinismo”.

Gli Stati Uniti erano ormai il Paese con cui si identificava, ma il suo tentativo di uscire dalla rete della comunità etnica fu un fallimento. Il Partito Socialista d’America non aveva un vero e proprio sistema di reclutamento per la sua leadership: chi aveva capacità personali diventava fondatore di sezioni e cercava al massimo di tenerle unite nei momenti di disgregazione.

Scrivendo dei leader etnici dei primi anni del Novecento, Josep Barton ha notato che i leader delle sezioni locali raramente passavano a ruoli importanti nei sindacati urbani e nazionali: “Solo nelle federazioni socialiste, piuttosto piccole, si verificò una circolazione della leadership. È in questo sviluppo parallelo delle istituzioni, in questa disgiunzione tra leader locali e nazionali, che si trovano le radici della sorprendente mancanza di un’effettiva leadership nazionale nella comunità italiana”. Ancor più che per i leader delle altre federazioni del Partito Socialista basate sulla lingua, i dirigenti di origine italiana rimasero confinati all’interno delle mura dell’etnia; alcuni, come Valenti, furono inclusi nell’American Labor Who’s Who del 1925 e fecero brevi apparizioni sulla scena nazionale, ma nessuno fu riconosciuto come leader del movimento operaio negli Stati Uniti o anche di quella parte di esso che si identificava con il Partito Socialista d’America. In quanto leader, essi vissero una vita di mediazione tra la comunità italiana e la società statunitense.

Tutti i quadri italiani del Partito Socialista, come gli altri leader statunitensi della loro epoca, considerano l’istruzione come una chiave di mobilità sociale per loro stessi e non solo per altri immigrati; tutti ritenevano che l’istruzione avesse un forte significato emancipatorio anche per i militanti socialisti. Non è una coincidenza che i più importanti dirigenti fossero uomini altamente istruiti e provenienti da ambienti relativamente benestanti. (Giuseppe Bertelli, per esempio, era laureato in matematica, Arturo Caroti era scrittore, Alberico Molinari medico e Girolamo Valenti giornalista).

(Tradotto e liberamente tratto da: Elisabetta Vezzosi, Radical Ethnic Brokers: Immigrant Socialist Leaders in the United States between Ethnic Community and the Larger Society in “Italian Workers of the World”, University of Illinois Press, 2001- a cura di Enzo Barnabà)