Cultura e Società

La rivolta a Valguarnera. E non solo quella

Il movimento dei Fasci ebbe inizio in Sicilia nel 1891 (il 1° maggio venne fondato a Catania il primo Fascio dei lavoratori) e cessò nel gennaio 1894, a seguito della dichiarazione dello stato d’assedio e del conseguente scioglimento forzoso dei vari sodalizi che si erano costituiti in numerosi comuni.

Il movimento è stato oggetto di giudizi contrastanti sia da parte dei contemporanei che degli storici; infatti, è stato ritenuto, da alcuni, una prima manifestazione del socialismo in Italia e, da altri, una reiterazione delle jacqueries del passato oppure una manifestazione caotica di arretratezza, non riconducibile ai dettami del marxismo rivoluzionario.

Con riferimento all’esperienza dei Fasci che, anche se di breve durata, ha costituito una realtà composita e di difficile interpretazione, lo scrittore di saggi storici e romanzi Enzo Barnabà ha inteso fornire un proprio contributo, focalizzando la propria attenzione sul comune di Valguarnera (patria dell’Autore ndr) e sulle rivolte che ebbero luogo nel periodo 25 dicembre 1893-primi di gennaio 1894, nello stesso comune e in quelli di Assoro e Pietraperzia, che facevano parte, all’epoca, della provincia di Caltanissetta e nei quali la situazione, riguardo alla presenza di sezioni dei Fasci, era diversificata; infatti se una sezione dei Fasci era stata costituita a Pietraperzia, invece ad Assoro operava una Società di Mutuo soccorso in relazione con il Comitato Centrale dei Fasci, mentre a Valguarnera il tentativo di costituire una sezione non era andato a buon fine nonostante che la propaganda socialista avesse avuto diffusione.

Il relativo saggio “Il Meglio Tempo 1893. La rivolta dei Fasci nella Sicilia interna”, pubblicato da Infinito edizioni s.r.l., Formigine (Mo), nel giugno 2022, deriva il proprio titolo da una poesia popolare che aveva recuperato un adagio della tradizione siciliana ed è stato pubblicato una prima volta nel 1981, dopo che nel gennaio 1975 un convegno di studi tenutosi ad Agrigento aveva aperto un approfondito dibattito sulla vicenda; successivamente, nel 1998, il contenuto, limitato al comune di Valguarnera, è stato esteso anche alle rivolte avvenute nei comuni di Assoro e Pietraperzia, comunità locali anch’esse del centro della Sicilia e nel testo aggiornato, di recente pubblicazione, sono state inserite anche le prefazioni alla prima e alla seconda edizione degli storici Francesco Renda e Giuseppe Giarrizzo.

Come viene precisato nelle premesse del saggio, l’autore “seguendo le indicazioni della microstoria” si propone “di analizzare in un campione limitato, e quindi di più facile verifica i fenomeni economici, sociali e politici che coinvolgono l’isola avendo l’obbiettivo di fornire un punto di riferimento concreto che possa fare di supporto a sintesi generali storiograficamente valide” e infatti “Valguarnera, paese immerso nel cuore della Sicilia cerealicola e rilevante centro di produzione di zolfo, offre uno spaccato rappresentativo di molti degli aspetti della crisi che travaglia l’isola alla fine del secolo”.

L’autore, pertanto, ha ricostruito, fondandosi sopra un’ampia documentazione, le dinamiche sociali ed economiche e i rapporti di potere nel comune di Valguarnera, sostanzialmente simili a quelle degli altri comuni dell’attuale provincia di Enna. Infatti, nei comuni di quel territorio la società era ancora pervasa di residui feudali e se in agricoltura prevaleva il latifondo e la rendita parassitaria, analogo sistema era quello praticato nella conduzione delle importanti miniere di zolfo, ivi ubicate; inoltre, la forte disparità sociale ed economica fra i vari ceti comportava un’aspra conflittualità sociale e la mafia, di cui si veniva a scoprire l’esistenza, anche perché nel 1893 avvenne l’omicidio del Direttore generale del Banco di Sicilia Emanuele Notarbartolo, era spesso contigua al sistema di potere. In particolare, dall’indagine svolta, emerge che a Valguarnera si contrapponevano, da una parte, pochi ricchi proprietari terrieri o affittuari, i proprietari terrieri non coltivatori, i gestori dei siti minerari, il ceto delle professioni e impiegatizio e, dall’altra, la massa dei lavoratori, prevalentemente contadini e minatori; a sua volta, il ceto borghese si contrapponeva in opposte fazioni per la conquista del potere amministrativo.

I lavoratori, per la maggior parte analfabeti, erano in condizioni di miseria e mal sopportavano l’oligarchia borghese, al governo del municipio, e la gravosa tassazione indiretta, che ne comprimeva ulteriormente le condizioni di vita; nel 1893 il malcontento popolare si aggravò ulteriormente perché la recessione produttiva, iniziata nel 1887 con l’entrata in vigore della nuova tariffa doganale, particolarmente dannosa per l’economia siciliana, raggiunse il culmine.

Pertanto, l’insofferenza dei ceti popolari divenne molto diffusa e si susseguirono le manifestazioni di protesta che, alla fine del già menzionato anno, presumibilmente furono alimentate anche dalle notizie secondo cui il 1° gennaio 1894 avrebbe dovuto tenersi una grande manifestazione degli aderenti ai Fasci.

Nel contesto dell’analisi condotta, per chiarire i nessi intercorrenti con il movimento a livello regionale, l’autore ha approfondito la natura e la struttura organizzativa dei Fasci, che nel 1893 si erano diffusi anche nel territorio in esame; in proposito ha evidenziato che il programma del movimento, sotto il profilo politico-ideologico, si richiamava alle idealità del partito socialista, anche se non sussisteva alcuna dipendenza dallo stesso, e che la dirigenza del movimento, nella prassi operativa, doveva disciplinare e indirizzare la tendenza allo spontaneismo e al ribellismo, essendo comune ai lavoratori l’istinto di classe e non la coscienza di classe.

A fronte del diffondersi dei Fasci e dei fermenti che ne conseguirono, prevalse, a livello nazionale e locale, un clima di avversione da parte degli strati dominanti che percepirono la protesta popolare come un atto di eversione delle istituzioni; di conseguenza il governo Giolitti, per contrastarne lo sviluppo, pose in essere una persecuzione sistematica fino a quando il nuovo governo, insediatosi il 15 dicembre e presieduto da Francesco Crispi, di indirizzo fortemente conservatore e proclive all’uso della forza, procedette rapidamente a una dura repressione.

La dettagliata ricostruzione delle rivolte di Valguarnera, Assoro e Pietraperzia, comune quest’ultimo in cui l’intervento dell’esercito provocò otto morti, conferma che la violenza popolare costituì la conseguenza delle modalità provocatorie utilizzate da parte delle autorità locali, sollecitate anche dalla classe degli agrari, che, nonostante il carattere tendenzialmente pacifico delle manifestazioni popolari, che ebbero luogo in quei comuni, ritennero le stesse, di per sé, di natura sediziosa e tali da doverne impedire lo svolgimento, ricorrendo all’intervento dell’esercito e a numerosi arresti.

In conclusione, premessi i brevi cenni di sintesi del ricco e dettagliato contenuto del saggio, è da osservare che la nuova pubblicazione del saggio stesso appare opportuna e attuale perché serve a richiamare l’attenzione sopra una vicenda storica la cui rilevanza travalica l’ambito locale e costituisce il primo tentativo di un movimento popolare di massa organizzato e finalizzato al miglioramento delle condizioni di lavoro, esigenza quest’ultima tuttora ricorrente nella società italiana stante il crescente pauperismo e i fenomeni di sfruttamento del lavoro che emergono con frequenza; inoltre, recenti studi hanno puntualizzato che i Fasci possono considerarsi il primo tentativo di opposizione alla mafia e che, come rilevato da Giuseppe Carlo Marino, “costituirono oggettivamente, per i loro obbiettivi, le qualità politiche e culturali dei loro dirigenti e per il loro seguito di massa, un grande movimento contro la mafia”.

Si osserva, ancora, che appare condivisibile l’avere privilegiato il ricorso alla “microstoria”, assumendo come oggetto dell’indagine di base le comunità comunali e rapportando l’esito dell’indagine strutturale compiuta al contesto politicoideologico dei Fasci; infatti non può non ricordarsi che, come osservato da Giuseppe Giarrizzo, da almeno un secolo si era concretizzata una politicizzazione municipale del mondo contadino e che la “questione municipale” ha avuto un ruolo altrettanto centrale nella politica dei Fasci (storture e abusi del potere locale, istruzione, tasse, contratti agrari).

Pertanto, il metodo adottato, partendo da una storicizzazione locale, attraverso un’ampia descrizione dell’ambiente e della cultura espresse dalle comunità in esame, ha consentito un esauriente approfondimento sia delle linee della direzione politica dei Fasci e degli obiettivi che intendevano conseguire sia delle difficoltà e delle contraddizioni nel rapportarsi al tessuto sociale delle comunità locali, per cui l’autore, da tale esame congiunto, ha ritenuto che l’esperienza dei Fasci abbia costituito l’avvio dell’incontro, anche se difficoltoso, fra il ceto dei lavoratori e il socialismo, non conclusosi positivamente in quanto interrotto dall’opposizione governativa e che ciò abbia determinato una mancata occasione di crescita sociale per il territorio siciliano.

Carmelo Spampinato

(Tratto dalla rivista informatica del “Sodalizio siculo-savonese Luigi Pirandello”, 2023 n° 1)

Immagine: L’arresto dell’on. De Felice (La Tribuna, 14.1.1894)