Cultura e Società

Celebrando il 25 aprile: Antonino Indovino, vittima dell’ideologia nazi-fascista

Giuseppe Indovino e Salvatrice Magno, genitori di Antonino Indovino

<<Arrendersi o perire!>>. In maniera irriverente faccio mie le parole pronunciate dal partigiano Sandro Pertini su Radio Milano Liberata il 19 aprile 1945. Da lì a poco l’Italia sarebbe stata liberata dai nazifascisti e avrebbe conquistato la Libertà. Anche nel 2023 non ci si può arrendere e perire dinanzi la subcultura di chi la Storia vorrebbe riscriverla svuotando del suo più alto significato il 25 Aprile e la Festa della Liberazione. Pertanto, imbracciamo l’arma della Cultura per resistere ad ogni subdolo tentativo di cancellare pagine significative della nostra nazione. Per questa ragione, Valguarnera.com ha chiesto al professore Vittorio Speranza, bravo ricercatore e storico del periodo bellico, di scrivere per i nostri lettori un articolo che rimarchi l’importanza del 25 Aprile e che rinfreschi la memoria di noi tutti. Vittorio Speranza, che ringraziamo per avere accettato il nostro invito, lo ha fatto raccontando la storia di un altro valguarnerese vittima dei nazifascisti.

Arcangelo Santamaria

Spesso si dice che la Costituzione è figlia della Resistenza, perché nata dopo la liberazione del nostro Paese dalla dittatura fascista e dal dominio dei nazi-tedeschi, tuttavia, oggi più che mai, si tenta di dare un’altra lettura, con tratti di revisionismo, alla Resistenza. Quando parliamo di Resistenza  pensiamo subito alla lotta armata dei partigiani, alle staffette, alle azioni di sabotaggio. Anche Valguarnera ha contribuito con alcuni suoi figli a questa lotta. Io vorrei, però, ricordare un’altra Resistenza , quella  messa in campo dai militari italiani, catturati dai tedeschi, dopo l’armistizio dell’8 settembre. Ben 650.000 soldati e ufficiali internati nei campi di lavoro vissero 20 mesi di abusi, sevizie, fame e condizioni miserevoli. Nonostante ciò, la maggior parte rifiutò di aderire al nuovo esercito fascista della Repubblica Sociale Italiana di Salò. I tedeschi trasformarono questa moltitudine in  “schiavi di Hitler”.

Tra questi, vi furono centinaia di valguarneresi, i quali vissero questa terribile esperienza. Molti tornarono a casa, anche se provati nel fisico e nella mente. Alcuni erano così debilitati e sofferenti da non essere riconosciuti neanche dai parenti. Il peso medio degli internati era di 40 chili ed avevano un aspetto misero. Tra i tanti che non rientrarono, perché morti per gli stenti, c’era un nostro concittadino (non il solo, purtroppo) che vorrei ricordare: Antonino Indovino.

Antonino Indovino (inteso  Federico) nasce a Valguarnera il 29/03/1921 da Giuseppe e da Magno Salvatrice. Dopo l’8 settembre ’43, Federico, come centinaia di migliaia di altri soldati si trova sbandato e cerca di sfuggire alle forze nazi-fasciste. Verso ottobre/novembre del 1943, Federico si trova a Santa Caterina Valfurva, in provincia di Sondrio. E’ un militare sbandato, ma essendo un maestro elementare, gli abitanti, per aiutarlo, gli fanno prendere servizio nelle scuole che dipendono dal circolo didattico di Piovene. Qui,  la maestra Angela Santacaterina  lo prende a cuore e lo protegge. Federico però usa un altro nome: Antonio Grillo, per difendere la sua vera identità. E’ stimato dalla popolazione locale perché è  una persona buona e gentile. La sera del 30 aprile 1944, mentre si trova in chiesa, in prima fila, un ufficiale tedesco lo vede e con l’indice gli fa cenno di seguirlo. Nessuno lo rivedrà più in paese.

Si è poi saputo che fu portato a Carpi e poi al campo di sterminio di Mauthausen, dove morì nei giorni della Liberazione.

Federico Indovino diede sicuramente il falso nome di Antonio Grillo. Infatti, Valeria Morelli, nel libro “I deportati italiani nei campi di sterminio“,  riporta a pag. 372 “Grillo Antonio, matricola 82384, nato a Valguarnera il 24/2/1921 (sic), morto a Gusen il 23/4/1945“. Gusen era un sottocampo di Mauthausen, chiamato dagli stessi deportati “L’inferno degli inferni”.

Federico era una così brava persona che, dopo la fine della guerra, la maestra Angela rimase in contatto epistolare con la sorella Teresa e la madre di Federico.

Tra gli altri valguarneresi morti in campi di concentramento citiamo:

Battaglia Salvatore nato a Valguarnera il 23/9/1915,  morto a Dora (Buchenwald) il 12/1/1944;

Orologio Giuseppe nato a Valguarnera il25/11/1902, morto a Halberstadt (Buchenwald)  il 15/3/1945;

Bentivegna Angelo nato a Valguarnera il 2/1/1909, morto a Dachau il 24/1/1945.

Volendo ricordare loro, ricordiamo tutti i valguarneresi che furono perseguitati, umiliati, oppressi e uccisi dalla violenza scatenata dall’ideologia nazi- fascista.

Vittorio Speranza