Filippo Vizzini, giovane soldato valguarnerese trucidato dai nazisti

Il 4 febbraio ricorre l’ottantesimo anniversario della morte del valguarnerese Filippo Vizzini, il giovane caporalmaggiore della Repubblica Sociale Italiana trucidato dai nazisti a Collecchio in provincia di Parma. Mancavano pochi mesi al 25 aprile, alla conclusione della guerra e al ritorno a una vita che la giovane età gli prospettava interamente davanti. Ma il destino per lui non preparava belle cose.

Non sappiamo quanto il ventunenne Vizzini fosse convinto di quella appartenenza a Salò, un regime collaborazionista della Germania nazista. Ma sappiamo che la scelta di campo compiuta allora da tanti militari, sorpresi dal proclama dell’8 settembre e dallo sbandamento generale che ne seguì, non fu né libera né ideologica. Perché per questi giovani – specie per i meridionali tagliati fuori da ogni possibilità di rientro a casa – bastava l’esortazione di un proprio superiore di sentimento fascista o, se alla macchia, l’incontro con le forze partigiane per «decidere» di aderire a una parte o all’altra senza troppe alternative. Incappare poi in un rastrellamento dei tedeschi, significava soltanto due cose: o Salò o la schiavitù nei campi di lavoro del Reich.

La piena comprensione di quel triste periodo e la maturazione politica, arrivano quando fu chiaro a tutti, specie ai più onesti, che l’appartenenza alla RSI significa stare al servizio dei nazisti e al loro regime di terrore fatto di deportazioni, di rappresaglie contro la popolazione civile italiana, incluse le uccisioni di massa, gli incendi di intere località e le razzie sistematiche dei loro beni e di quelli del Paese.

In Filippo Vizzini la reazione morale e la molla dell’eroismo scattano quando decide di favorire la fuga di una donna appena fatta prigioniera dai tedeschi. La vede piangere e disperarsi, non tanto per sé stessa ma per il destino dei suoi figli rimasti soli a casa. La donna infine scappa, e per il gesto compiuto sarà costretto a scappare anche lui insieme a un compagno d’armi, Antonio Loddo, con cui condividerà il martirio. Una volta preso, Filippo sarà legato a un castagno, torturato e brutalmente bastonato sino alla morte mentre la popolazione assiste atterrita dalle case circostanti.

Filippo Vizzini sarà ossequiato dai partigiani di Collecchio che riconoscendo il valore dell’azione compiuta, apporranno, otto anni dopo quegli accadimenti, una lapide commemorativa nel cimitero del paese (v. foto). Più di recente Paolo Romanini, già segretario sezionale dell’Associazione Nazionale Partigiani di quel comune, commenterà con noi al telefono: «Se l’Anpi dedica non è un caso. Quella lapide è stata apposta il 25 aprile 1953 da persone con gli animi rasserenati ma col ricordo di quei fatti ancora ben vivo nella memoria. Vizzini sta in cima a quella lista di nomi perché non è morto da fascista. Molti altri fucilati negli stessi giorni non hanno ricevuto lo stesso onore».

A Filippo Vizzini il comune di Valguarnera intitolerà nell’immediato dopoguerra una delle vie centrali del paese.

Salvatore Di Vita


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