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Rissa al campo sportivo. L’indignazione di un 14enne che si sfoga su facebook

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All’indomani degli incresciosi fatti, verificatisi al “Sant’Elena” di Valguarnera, durante l’incontro di calcio del campionato di Prima categoria, tra Valguarnerese e Picanello, i commenti non si sono fatti attendere. I calci ed i pugni volati tra i giocatori delle due compagini, in una domenica di follia, a quanti amano il calcio amatoriale, sacrificano le proprie famiglie e sborsano anche qualche soldo per amore della squadra del proprio paese, potrebbero far fare un passo indietro, del tutto giustificabile, e dire:<< Ma chi me lo fa fare>>. Ma a non fare mollare e continuare a credere nei sani valori dello sport, riaccendendo la speranza di un mondo migliore, ci ha pensato un ragazzino di 14 anni, delle giovanili della Valguarnerese, che dopo avere assistito a Valguarnerese- Picanello, è ritornato a casa. Qui chiuso nella sua stanza, così come oramai fanno tanti suoi coetanei, ha scritto ciò che pensava su Facebook. Una lettera che la Valguarnerese ha prontamente pubblicato sul sito ufficiale della società, il cui contenuto riportiamo integralmente. <<Tu lo chiami calcio, io la chiamo pagliacciata. Una domenica, una domenica come le altre, una partita, una partita come le altre. Novanta minuti da passare in compagnia, 90 minuti per divertirsi insieme. Invece no, questa volta la musica è un’altra. La partita è subito tesa e dopo 15 minuti scoppia la scintilla. Un uomo cade a terra e ne discute con l’avversario, per ora solo con parole, parole che però diventeranno violenza dopo che un giocatore picchia il nostro mister. Questa è la goccia che fa traboccare il vaso. Tutti gli uomini in campo si picchiano, con pugni calci, i carabinieri stanno lì, fermi, mentre già c’è qualche ferito. E per cosa? Per una partita di calcio. L’arbitro mette fine alla partita, ma per i tifosi la questione non è affatto finita, vogliono entrare in campo. Alcuni riescono nel loro intento ma vengono fermati dai giocatori, ritornati in se stessi, sventando la strage. La tensione cala e le persone lentamente lasciano lo stadio, mentre i giocatori avversari scappano in auto. Tu questo lo continui a chiamare calcio, io la chiamo pagliacciata>>. Ecco le parole che fanno riflettere e che portano quanti frequentano i polverosi campi di periferia a dire:<<No, io non mollo. Fino a quando ci saranno ragazzini che denunciano e respingono ogni forma di violenza e per i quali una partita di calcio è “Novanta minuti da passare in compagnia, 90 minuti per divertirsi insieme”, non si molla. Occorre continuare, per avere meno “campioni” e più uomini.

Arcangelo Santamaria