Cultura e Società

Valguarnera, 19 luglio 1943

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clip_image002[6]Alle 4,30 del 19 luglio 1943 i soldati della 1^ Divisione di fanteria canadese dell’Operazione Husky avanzano con circospezione nelle desolate e oscure strade di Valguarnera. Gli uomini marciano in un’unica fila, distanti tra loro, per non essere facile bersaglio e per sparare a loro volta senza rischiare di colpire i compagni. Disseminati nella cittadina, numerosi veicoli tedeschi abbandonati e corpi già in putrefazione. Padre Roy Dunford -un cappellano al seguito dell’esercito canadese- scrive di “non poter credere che quello squallore era il diretto risultato della guerra. C’erano inequivocabili segni che portavano a pensare che lo squallore esistesse da generazioni”. Non incontrano resistenza gli uomini della Seaforth, con la compagnia A che è davanti, seguita dal tenente colonnello Bert Hoffmeister e altre tre compagnie di retroguardia. I tedeschi non ci sono, hanno già ripiegato verso Leonforte dopo gli scontri dei due giorni precedenti, com’è testimoniato nei rapporti militari dei vari reparti impegnati in combattimento. Per loro stessa ammissione, quella dei canadesi a Valguarnera è stata la battaglia più violenta dallo sbarco di Pachino del 10 luglio precedente. Nemmeno nella presa di Caltagirone avevano incontrato una simile resistenza. E difatti gli oltre quaranta caduti canadesi e i duecentoquaranta tedeschi uccisi il 17 e 18 luglio tra Grottacalda e il paese, la dicono lunga sul tipo di opposizione che le forze dell’Asse misero in campo a Valguarnera per contrastare l’avanzata anglo-americana verso Enna e l’entroterra isolano. Niente, rispetto agli orrori delle fasi successive della guerra, ma “Valguarnera è stata indubbiamente una delle peggiori città nelle quali siamo entrati -scrive in un rapporto il capitano della divisione sicurezza W.A.C. Cooper- poiché era stata pesantemente bombardata da entrambi i lati. La popolazione locale, con poche eccezioni, era scappata in campagna. Le eccezioni erano gli sciacalli, ragazzi cenciosi e ladri che, non avendo niente da perdere, erano rimasti indietro per vedere cosa potevano rubare. Così siamo stati ricevuti da una folla di ceffi di aspetto sgradevole, con la barba lunga, sporchi e puzzolenti, che girovagavano nella piazza. Le persone che avevano delle proprietà cominciarono a tornare nei giorni successivi. Due o tre persone parlavano inglese, essendo stati in America. Uno di essi, Cristofero Trovato, il barbiere locale, fu molto d’aiuto”. Tragedie umane dimenticate, che risiedono oramai solo nei ricordi dei vecchi. Ma che hanno riacquistato la ribalta grazie a “I canadesi a Valguarnera”, una recente e minuziosa ricerca storica del prof. Vittorio Speranza, compiuta cercando in rete e traducendo pazientemente dall’inglese i resoconti di guerra degli anglo-americani. Un lavoro che risulta prezioso per fare chiarezza sui luoghi e sulla dinamica della battaglia, con le offensive dei canadesi, i contrattacchi tedeschi, i ripiegamenti e l’assalto definitivo con l’ingresso delle truppe alleate nella cittadina. Fatta luce anche sull’ormai mitico episodio del tedesco appostato all’ingresso del paese -nelle grotte dette di Balassàri– che avrebbe fermato da solo e per molte ore l’avanzata del clip_image002nemico. In realtà le cose andarono diversamente (e Speranza ricostruisce l’episodio partendo dalle motivazioni di una medaglia al valore conferita al caporale canadese William Frederick Kay) giacché sul costone roccioso dell’ingresso a sud del paese, s’è stimato ci fosse un’intera compagnia di tedeschi, la cui postazione principale, con ben tre mitragliatrici e 17 uomini, era proprio sulle grotte di Balassàri. Altre mitragliatrici erano dislocate tutt’intorno, in modo da dirigere un notevole volume di fuoco incrociato sulle truppe avanzanti che rimasero di fatto bloccate. A quel punto il caporale Kay condusse la sua sezione di 5 uomini all’attacco della postazione più alta, riuscendo a lanciare due granate in mezzo al nemico e uccidendo da solo 8 tedeschi con il suo Thompson, mentre gli altri della sezione facevano il resto. La caduta della postazione principale comportò l’abbandono di tutte le altre, con il ritiro dei tedeschi dalla zona di Valguarnera. Con riguardo alle vittime civili dei bombardamenti aerei dell’11 e 14 luglio, ci dà notizie il volume di Silvia e Francesco Giarrizzo, “Valguarnera Caropepe all’epoca dei cavalieri e dei podestà”. Molte case furono distrutte, 510 per l’esattezza, e molte altre furono danneggiate. I morti accertati furono 116, con tanti feriti gravi che subirono la mutilazione di qualche arto. Seguirono forti cannoneggiamenti che provocarono il panico e la fuga degli abitanti dal paese. ”In quei terribili momenti -scrivono i Giarrizzo- mentre coloro che impersonavano le autorità civili trovavano rifugio nei loro poderi, una persona che era già un’istituzione per il centro di Valguarnera, il parroco della Chiesa Madre Giacomo Magno, si attardava per le strade a raccogliere i feriti, prestando loro i primi soccorsi; ma in più casi si trattò d’impartire l’estrema benedizione. Chi vide quel pio sacerdote raccontò, poi, di essere rimasto impressionato dalla sua figura esile, tetra quasi per l’abito talare che indossava, ma veramente maestosa, che si muoveva sicura, senza alcuna cautela, per avvicinarsi e chinarsi verso le persone che giacevano a terra”.

Salvatore Di Vita

Riferimenti storici e fotografici tratti da:

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