Lezioni di Carrapipano

“M’ai dubàt e m’ai r’criàt a wàddara!”. La soluzione

ESERCIZIO: Traducete in italiano quanto u ziu Tatò afferma con gratitudine alla consorte, battendosi il ventre, dopo una lauta cena di Capodanno: “M’ai dubàt e m’ai r’criàt a wàddara!”

SOLUZIONE: Tutte le traduzioni proposte sono buone, naturalmente. Io, anche per sottolineare l’aspetto caricaturale della scenetta familiare,  preferirei scartare il registro letterale per sbizzarrirmi nel figurato e allo zio Totò metterei in bocca parole del genere: “Il tuo cibo mi ha saziato ed appagato”, “Il cenone mi ha satollato e deliziato”,  “Ho mangiato a sazietà e ne ho tratto grande godimento”, “Ottimo ed abbondante!” (citazione cinematografica, come si sa), ecc.

La “wàddara” (“guàddara” nel siciliano comune) altro non è che l’ernia. Nell’espressione usata a Valguarnera  fa capolino una sineddoche (si menziona una parte per dire il tutto: in “Vieni sotto il mio tetto”, “tetto” vuole ovviamente dire “casa”). Visto che, normalmente, chi pronuncia l’espressione non è affetto da ernia (neanche zio Totò, vogliamo sperare), qui entriamo in un registro surreale: il tutto (in questo caso, il corpo) viene espresso mediante una parte (l’ernia) che non esiste. A meno che l’ernia (le budella che escono fuori…) non sia la metafora di un organo tipicamente maschile e qui, senza saperlo, zio Totò scenderebbe nel volgare e noi  non potremmo seguirlo. Saremmo costretti a lasciarlo con la gentile consorte, non prima, però, di aver ricordato un vecchio proverbio “S a mìdia avìss a wàddara, fùssm tutt waddarùs”.

Un’annotazione ortografica, adesso. “Ai” (“ho”, la prima persona del presente indicativo del verbo avere) l’ho scritto senza “h” perché non vedo la ragione di usare questa lettera. In italiano, la “h” si usa solo ed esclusivamente per non confondere allo scritto le voci verbali “ho, hai, ha, hanno” con “o, ai, a, anno” che vogliono dire ben altra cosa. Ma in siciliano il problema non esiste e quindi l’ “h” non va usata. Il presente indicativo del verbo “avìr” in carrapipano va quindi scritto; “iu ai, tu ai, idd au, nui avìm, vui avìt, idd an”.  Alla prossima.

E.B.