Cultura e Società

A Luigi Pavone il premio nazionale “Francesca Jacona della Motta”

Si è svolta a Caltagirone, nel salone «Mario Scelba» del municipio calatino, la seconda edizione del premio nazionale «Francesca Jacona della Motta – Città di Caltagirone», istituito dalla famiglia della compianta pittrice con il patrocinio dello stesso comune.

Il premio, consistente in una borsa annuale, è indirizzato a ricercatori giovani o emergenti che si distinguono nel campo delle scienze filosofiche. In quest’edizione l’importante riconoscimento è stato assegnato a Luigi Pavone – giovane studioso di Valguarnera – per la ricerca: «Verso una logica epistemica quantificata». Il lavoro di Pavone è un progetto logico modale che introduce un gruppo di regole di calcolo per ordinare un certo tipo di contesti linguistici. Ovvero uno studio che costituisce una premessa essenziale per arricchire la capacità di costruire programmi per computer sempre più potenti e veloci.

Dopo la consegna del premio – dalle mani del sindaco Nicolò Bonanno e da quelle di Riccardo Sinatra, ordinario di cardiochirurgia presso l’Università La Sapienza di Roma, nonché marito dell’artista scomparsa – si è svolto un dibattito sulla filosofia nel mondo contemporaneo, condotto da Francesco Merlo editorialista de «La Repubblica».

Con questa breve intervista a Luigi Pavone, riproponiamo le suggestioni intellettuali di quella serata, sollecitate dalla proposta di mettere in discussione la concezione classica di filosofia come metafisica per lasciare il posto ad una concezione più attenta alle scienze empiriche.

1) Durante il dibattito si è discusso del ruolo della filosofia oggi. Per lei la filosofia ha ancora un ruolo centrale nella fondazione del sapere?

«Se per sapere fondativo intendiamo un genere di sapere che contenga essenzialmente ogni conoscenza possibile, non credo si possa chiedere alla filosofia questo tipo di fondazione. Per molto tempo l’ideale di conoscenza a cui guardarono molti filosofi moderni fu quello rappresentato dalla matematica, in particolare dalla geometria euclidea, poiché questa poteva contare su qualcosa di molto vicino a ciò che noi oggi intendiamo per metodo assiomatico. La fiducia in questo metodo è stata giustificata da risultati incoraggianti: l’assiomatizzazione di diversi settori della matematica, come p. es. l’aritmetica dei numeri naturali. Le cose si complicarono quando risultò evidente la possibilità di costruire sistemi non euclidei in grado di esibire la stessa dignità matematica della geometria classica; e precipitarono con i teoremi di Gödel. Il suo teorema di incompletezza dell’aritmetica dimostrava l’impossibilità di racchiudere il sapere matematico all’interno di una struttura costituita da principi e regole inferenziali ben definiti. Relativamente allo scopo di fornire una fondazione per la matematica, il metodo assiomatico presentava quindi due difficoltà: i principi non godono di auto-evidenza; l’apparato deduttivo è intrinsecamente incapace di produrre tutte le verità. Se la fondazione, nel senso che abbiamo precisato, è impossibile per la matematica (e per ogni conoscenza analitica), a fortiori lo è per le scienze empiriche».

2) La filosofia, e d’altronde la stessa religione, nel nostro mondo dominato dalla tecnica e dalla scienza galileiana non sono superflue?

«Filosofia e scienza non costituiscono due mondi concettuali contrapposti. Quanto alla religione, c’è chi vorrebbe confinarla nel regno dell’irrazionale o del nonsenso. Credo che questo approccio diminuisca la nostra domanda di razionalità nei confronti delle religioni, consegnandole al fanatismo. Non pochi filosofi di tradizione analitica, come p. es. Edward Zalta, Alvin Plantinga, Sergio Galvan, Christopher Hughes, hanno trovato nelle tematiche religiose e negli argomenti della teologia razionale un territorio attraente da un punto di vista logico e concettuale».

3) Lei prima ha citato alcuni filosofi e li ha qualificati “analitici”, facendo così propria la distinzione tra filosofia continentale e filosofia analitica. Ritiene che esista un modo di filosofare più corretto di un altro?

«Secondo me, filosofare correttamente significa, innanzitutto, dare la giusta collocazione alla filosofia all’interno del nostro sapere. Penso che il modo più corretto di intendere la filosofia sia quello che in essa riconosce non già uno strumento di conoscenza del mondo esterno, ma uno strumento mediante il quale allarghiamo, potenziamo gli strumenti della nostra conoscenza, attraverso l’analisi concettuale, linguistica e metodologica. Credo che la filosofia continentale si muova ancora all’interno del paradigma per il quale la filosofia è concepita come conoscenza alternativa o superiore alla scienza. Questo paradigma è noto in Italia per essere stato diffuso da Croce e Gentile».

4) Può illustrare il contenuto del progetto di ricerca vincitore del premio?

«A partire dagli studi di filosofia del linguaggio il campo di indagine per le mie ricerche si è collocato in una zona intermedia tra la logica simbolica, l’epistemologia e l’ontologia formale. Mi sono principalmente occupato di formule Barcan, la cui plausibilità è questionabile sia da un punto di vista epistemologico che ontologico. L’attuale progetto di ricerca è un tentativo di esportare ai sistemi logici modali alcuni metodi di decidibilità già testati per la logica classica».

5) Quindi il suo campo di indagine è la logica modale. Può spiegarci, ricorrendo il meno possibile ad un linguaggio tecnico, come funziona e di cosa si occupa esattamente la logica modale? Ritiene che lo studio teorico in questo ambito possa contribuire al progresso di altre scienze?

«La logica modale formalizza e norma un tipo di deduzione che coinvolge enunciati modali, cioè enunciati che non solo esprimono stati di cose, ma si pronunciano intorno al modo in cui questi si costituiscono. Altro è affermare che l’acqua è H2O, altro è affermare che è necessariamente H2O. Nel primo caso abbiamo espresso una proposizione vera, nel secondo caso abbiamo affermato qualcosa di più intorno al modo in cui si dà quella verità. La logica modale si occupa del comportamento inferenziale di questo tipo di enunciati. In generale, ogni progresso in logica è un progresso nelle procedure di deduzione, e quindi, indirettamente, un progresso per le scienze empiriche, in cui la deduzione gioca un ruolo centrale

Giovanni Di Vita