Lavoro

Licenziati gli operai dell’IPRA di Dittaino

Inizia nel peggiore dei modi il nuovo anno per i 75 operai dell’Ipra, l’industria farmaceutica della valle del Dittaino, per i quali è scattato, così come previsto il licenziamento. Un’altra mazzata per il territorio ennese che in tal modo perde definitivamente una delle aziende che per anni ha retto le sorti del centro Sicilia, riuscendo a dare lavoro, nei momenti più floridi, anche a più di 100 dipendenti. Il 2013, anno nel quale gli operai Ipra, dalla Regione avevano ottenuto la proroga della cassa integrazione in deroga, quindi, è trascorso invano alla ricerca di una nuova proprietà aziendale e per il rilancio dell’unico opificio farmaceutico dell’isola. Varia trattative avviate dalla vecchia proprietà aziendale, rappresentata dall’ingegnere palermitano, Melchiorre Russo, non sono andate in porto. Nei mesi addietro si era detto che per l’Ipra, erano interessati acquirenti stranieri, ma le voci non si tradotte in fatti concreti, e lo stabilimento del Dittaino, è rimasto tristemente chiuso. Ciò che era stato evitato il 31 dicembre del 2012, per gli operai dell’Ipra non è stato possibile evitarlo lo scorso 31 dicembre. Visto che la Regione aveva prorogata la cassa integrazione in deroga, a patto di una riapertura, il rinnovo di questo ammortizzatore sociale, alla luce del nulla di fatto, non è stato possibile. Lo scorso anno, in soccorso dell’Ipra si era mosso l’intero consiglio provinciale e la deputazione regionale ennese con i parlamentari, Alloro, Lantieri e Venturino. La ciambella di salvataggio lanciata lo scorso anno, però, non è valsa a nulla. L’industria farmaceutica della valle del Dittaino, dice addio ai sogni di rilancio e per i suoi dipendenti sono state già avviate le procedure di messa in mobilità. Un’altra emergenza occupazionale che si aggiunge a quella dell’azienda tessile valguarnerese Giudice Spa e delle sue micro aziende collegate. La valle del Dittaino, dove ancora persiste qualche insediamento industriale e artigianale, si è trasformata in un cimitero di capannoni chiusi che una volta davano lavoro a centinaia di persone.

Arcangelo Santamaria