Cronaca e Attualità

Un valguarnerese tra gli indagati dell’inchiesta Leonessa

C’è anche un valguarnerese tra i 36 indagati siciliani dell’inchiesta Leonessa che nella notte tra mercoledì e giovedì scorso ha fatto scattare la misura cautelare in carcere per 22 persone. Ad essere stato raggiunto da misura cautelare in carcere, è il 63enne Giovanni Interlicchia. La notizia ha fatto clamore in paese. Giovanni Interlicchia, infatti,  è un noto commercialista valguarnerese, più volte è stato esponente politico e istituzionale comunale e provinciale ed è il padre dell’attuale ragioniere capo del comune di Valguarnera e candidato sindaco alle ultime amministrative. L’inchiesta Leonessa, come riportato dalle numerose testate giornalistiche, ha portato a 69 arresti, sequestri per 35 milioni di euro e un centinaio di perquisizioni, per un totale di circa 200 indagati. L’operazione condotta dalla Dda di Brescia ha sgominato una cellula della Stidda (organizzazione criminale di tipo mafioso originaria di Gela) che aveva messo radici e operava in Lombardia. Parallelamente all’inchiesta Leonessa, in Sicilia è stata condotta una inchiesta gemella denominata “Stella Cadente” che ha portato all’arresto di 35 persone. Secondo gli inquirenti bresciani, l’organizzazione mafiosa, attraverso il supporto di “colletti bianchi”, ha permesso a una vasta platea di imprenditori di evadere il Fisco per diverse decine di milioni di euro, cedendo crediti fiscali inesistenti con effetti distorsivi sull’economia reale ulteriormente condizionata dai reinvestimenti dei profitti illeciti conseguiti. Gli stiddari, mimetizzati nel nuovo ambiente operativo, avrebbero messo a disposizione degli imprenditori del Nord i propri servizi illeciti che consistevano nella vendita di crediti fiscali inesistenti utilizzati per abbattere il debito tributario. L’anello di congiunzione tra i mafiosi e gli imprenditori era rappresentato dai “colletti bianchi”, i quali individuavano tra i loro clienti (disseminati principalmente tra Piemonte, Lombardia, Toscana, ma anche nel Lazio, Calabria, Sicilia) quelli disponibili al risparmio facile e che ora dovranno rispondere del reato di indebita compensazione di tributi. Oltre a quello mafioso sono emersi anche altri due filoni investigativi. Uno riguarda varie condotte corruttive dove gli imprenditori, elargendo mazzette o favori a pubblici funzionari, ottenevano significativi risparmi fiscali. L’altro riguarda il “tradizionale” settore delle fatture per operazioni inesistenti, per un ammontare complessivo di fatture false per 230 milioni di euro. Ovviamente l’aria che si respira a Valguarnera è quella di auspicio che la magistratura faccia quanto prima chiarezza sulla vicenda riguardante il noto professionista valguarnerese.

Arcangelo Santamaria