Cronaca e Attualità

Allevatore ennese in sciopero della fame da quattro giorni

 

Quarto giorno di sciopero della fame per Sebastiano Lombardo, allevatore della provincia di Enna che dallo scorso 18 ottobre ha iniziato la sua protesta nell’aula consiliare del comune messinese di San Teodoro. Insieme a lui, in Campania, ha iniziato la stessa protesta Pasquale D’Agostino, allevatore casertano che al momento si trova all’interno del “Centro Don Diana” a Casal di Principe. I due allevatori, vogliono tutelare centinaia di aziende del sud Italia e stanno scioperando per sostenere la petizione che chiede al governo Meloni di nominare un commissario nazionale che risolva i problemi della BRC (Brucellosi) e della TBC (Tubercolosi). Sebastiano Lombardo, 61 anni che vive a Troina ed ha la sua azienda a due passi da Enna in contrada Calderai, è fra i fondatori della Rete Salviamo l’Allevamento di Territorio e del Forum per il Piano Partecipato avvenuta a Carditello, in provincia di Caserta, a settembre 2023. Gli allevatori in sciopero con una protesta che da qui a poco sembra destinata a diffondersi in tutte le regioni e le province del sud Italia, denunciano inefficacia e pressapochezza, dal punto di vista tecnico e scientifico e mancanza di trasparenza e coerenza del sistema di gestione delle mandrie imposto dalle iniziative di gestione della brucellosi e della tubercolosi.

Sebastiano Lombardo ci tiene a precisare: << La nostra non è una battaglia che riguarda solo il comparto zootecnico ma è anche una battaglia di carattere sociale che mira a tutelare le economie dei territori e la salvaguardia dell’ambiente>>. Il comune di San Teodoro (Me) si trova sui monti Nebrodi e la scelta di iniziare da qui è una scelta strategica perché questa porzione dell’Isola è il crocevia di 3 province (Messina, Enna e Palermo), che fanno dell’allevamento di qualità una delle colonne portanti dell’economia. <<Non sono più disposto- dice Sebastiano Lombardo- a sopportare quanto sta accadendo. Lo abbiamo fatto per troppo tempo come allevatori. Abbiamo persino pensato che, in fondo, c’era un prezzo da pagare e abbiamo sopportato vedendo i nostri animali mandati al macello o subendo regole assurde che li costringono in inverno a rimanere nella neve e in estate al caldo e senza acqua perché non li possiamo muovere come abbiamo fatto per millenni>>. I tempi sono cambiati e nessuno degli allevatori è disposto a subire spiegazioni non supportate da valide fondamenti. <<Gli allevatori di oggi – afferma Lombardo- non sono più quelli di un tempo cui potevano essere raccontate balle qualsiasi in nome della “scienza”. Abbiamo studiato, ci siamo documentati e soprattutto ci siamo serviti delle competenze assunte dai nostri giovani e abbiamo capito che i sacrifici che noi abbiamo pagato economicamente e socialmente e i nostri stessi animali non sono ripagati dalla soluzione dei problemi>>. Lombardo spiega le motivazioni di carattere sociale che dovrebbero unire agli allevatori anche chi tutela l’ambiente e la sopravvivenza delle comunità .<< Questa vicenda viene fatta passare come una questione sanitaria ma così non è. Si tratta di un attacco alle comunità montane al lavoro e al futuro dei giovani e del territorio. Le regioni meridionali e la Sicilia soprattutto, negli ultimi anni sono state devastate da una serie di incendi spaventosi. Il mondo zootecnico ha sempre garantito un presidio ed un equilibrio del territorio perchè garantisce una pulizia dei terreni e dei boschi. L’abbandono del territorio, invece, favorisce gli incendi. Pensate solo a quanto spendiamo ogni anno per gli incendi. Se nelle aree rurali fossero mantenuti (come era un tempo) le greggi e le mandrie al pascolo, sarebbe uno dei più straordinari servizi di prevenzione e antincendio a costo zero>>.

Ma c’è di più e dati alla mano Sebastiano Lombardo afferma:<< Guardo ai Paesi vicino al nostro. In Francia in un anno il patrimonio zootecnico si è incrementato di un milione di capi, mentre in Italia è diminuito di un milione e mezzo di capi. Questa diminuzione si è verificata nel mezzogiorno d’Italia. La situazione è sfuggita di mano agli organi di controllo e ognuno sembra fare ciò che vuole. In Sicilia abbiamo un Piano di radicazione datato 2009, abrogato con un decreto del 2013 ma che ogni tanto qualcuno tira fuori. Vige l’anarchia ed è ora che il Parlamento faccia chiarezza. La transumanza che è divenuto un fenomeno culturale e patrimonio dell’Unesco ci viene vietata. Poi ci sono delle domande da porsi. Tre regioni come Piemonte, Alto Adige e Valle d’Aosta negli ultimi vent’anni non hanno avuto un solo focolaio di brucellosi. Come mai?>>. Lombardo affida le sue speranze e quelle dei suoi colleghi alla nascita della Rete Salviamo l’Allevamento di Territorio è per noi una grande speranza e una straordinaria occasione. <<L’obiettivo del cambiamento- conclude l’allevatore- è possibile ed è inevitabile: il Commissariamento Nazionale per risolvere i problemi della BRC e della TBC nei territori dove da decenni viene mantenuta, è solo il primo importante passo e mi aspetto che si realizzi presto>>. Intanto sono già partite le missive per le prefetture ed i sindaci, per annunciare una protesta che è destinata a divampare.

Arcangelo Santamaria