Cronaca e Attualità

Il padre del piccolo Giovanni Arena racconta il dramma vissuto

Giovanni Arena doveva essere il primo figlio di mamma Lorenza e papà Rosario ma non ha fatto in tempo a renderli felici ed essere il regalo più bello che un uomo e una donna possano ricevere. Abbiamo incontrato Rosario Arena, che ci racconta il dramma della sua famiglia. <<La morte del mio bambino è stato un evento drammatico e difficile da affrontare. In pochi istanti tutto è cambiato, mi sono trovato costretto a prendere tante decisioni impreviste e sofferte in pochissimi attimi.Appena ci hanno comunicato la notizia, mille emozioni mi sono passate per la testa: incredulità, confusione, paura, rabbia, dolore, sia fisico che psicologico, rifiuto della realtà (non è possibile, vi state sbagliando continuavo a ripetere ai medici). Mi sento in colpa nei confronti del mio bambino, ho pensato di non essere riuscito a proteggerlo, di non essermi accorto in tempo di cosa stava accadendo, e di avere commesso qualche errore che ha causato la sua morte>>. Rosario cerca di equilibrare il battito del suo cuore infranto e fare prevalere il raziocinio, e aggiunge : <<E’ stato molto importante per me riconoscere queste emozioni come parte di un percorso, perché nonostante il grande dolore sono molte le cose importanti da decidere, da sapere, da discutere e da fare quando muore un bambino. Ogni genitore dovrebbe potere prendere tutte le decisioni necessarie in questo difficile momento. Ho ripercorso in pochi istanti tutto il periodo della gravidanza. Lorenza è stata una mamma attenta, non abbiamo lasciato nulla al caso, ci siamo fatti seguire dai migliori medici, abbiamo seguito il protocollo che il Ministero della Salute consiglia alle donne in gravidanza, la morfologica eseguita a Palermo presso un centro molto rinomato, il DNA fetale a Roma, alimentazione corretta. Tutti elementi positivi, che hanno portato ad un equilibrio perfetto della gravidanza durante tutto il periodo dei nove mesi. Un bambino importante, una struttura corporea perfetta, un peso che si aggirava intorno ai 4,5 kg, alto 55 centimetri, un volto d’Angelo>>. Rosario Arena racconta il momento drammatico in ospedale. <<Quando il primario mi disse “il tracciato era perfetto, ho sentito il battito del bambino fino all’ultimo minuto, non sappiamo neanche noi cosa sia potuto succedere” ho pensato subito all’errore umano. A mente lucida ho messo da parte i sentimenti, non sono neanche entrato in sala a vedere mio figlio, sapevo che Lorenza stava bene, l’unica cosa che potevo fare era chiedere la verità e dare giustizia a mio figlio e a Lorenza. Il cellulare in quell’area dell’ospedale non riceve segnale telefonico, quindi mi precipito subito all’esterno dell’edifico, e metto in moto la macchina della Giustizia.
Alla fine quando mi sono reso conto di avere fatto tutto il possibile, con il cuore in mano ritorno in quella maledetta sala per andare a conoscere mio figlio e dare il mio conforto alla mia amata Lorenza, che continuava a chiedere di suo figlio>>. Ora Rosario Arena si pone degli interrogativi. <<Avrei preferito che al parto sia stato presente pure io, per discutere con il personale ostetrico quali fossero le cose da fare. Avrei potuto oppormi alle manovre che stavano eseguendo a Lorenza durante le fasi dell’anestesia epidurale>>. A Rosario rimbombano in testa le parole della sua compagna “Piangevo e urlavo dal dolore, fermatevi, mi state facendo male” continuava a ripetere Lorenza, “Signora se vuole fare nascere suo figlio deve collaborare” ripeteva il personale medico .”Tanto era l’amore di vedere, quanto di conoscere e toccare mio figlio, che ho stretto i denti e ho continuato a soffrire in silenzio” mi riferiva Lorenza.
<<Ma il primario dov’era quando ti stavano maltrattando durante le manovre per eseguire l’epidurale, perché non ha fatto nulla? chiesi a mia moglie.
Dopo il silenzio>>. Ora si deve avere la forza di ricominciare. <<Il rientro a casa, alla “routine”, è stato molto difficile. Una fatica psicologica e fisica, di ritornare nel mondo normale, con la sensazione di avere perduto tutto. Siamo tornati a casa a braccia vuote, come il momento in cui si affaccia nitido per la prima volta il dolore del lutto. E’ tutto vero, è tutto finito, il mio bambino è morto. I primi giorni dopo la perdita sono stati molto delicati, anche perché – conclude Rosario Arena- poche persone conoscono il lutto e le sue manifestazioni e anche senza volervi ferire, ti invitano a reagire e “a tornare come prima”. Ringraziamo tutta la comunità valguarnerese e tutti coloro che ci sono stati vicini in questo momento di grande dolore>>.

Arcangelo Santamaria