Cultura e Società

Vantaggi e svantaggi della bruciatura delle stoppie

Fino a qualche tempo fa, quando l’agricoltura rivestiva un posto di primo piano nel vivere i rapporti sociali quotidiani, basati su storie, racconti ed immaginari agresti, la bruciatura delle stoppie e della paglia di frumento assumeva la connotazione di un vero e proprio rito.
Dalla combustione si originava una sorta di “fuoco fatuo rosso e giallo” avvolto dalle tenebre estive.
I più giovani venivano incantanti dal potere ipnotico delle fiammelle e dal fascino dello schioppettio delle stoppie. La frase che in quei momenti veniva spesso pronunciata era “terrenu brusciatu mezzu lavuratu” ossia “terreno bruciato, metà del lavorato fatto”.
Alla luce delle nuove conoscenze agronomiche, ambientali ed economiche vediamo oggi quali vantaggi e svantaggi si ottengono dalla bruciatura delle stoppie.
I vantaggi più rilevanti sono di tipo essenzialmente agronomico, infatti i terreni, a seguito della bruciatura, subiscono una sorta di sterilizzazione nei confronti di microorganismi patogeni e semi di piante infestanti, Di conseguenza, si possono ridurre sia i trattamenti fitosanitari in presemina, sia le lavorazioni di interramento profondo delle stoppie con mezzi agricoli.
Ridurre drasticamente gli interventi con trattori significa abbattere le emissioni di CO2, derivanti dalla combustione di carburante, per la qual cosa l’ambiente ne beneficerà e l’agricoltore avrà risparmiato un bel po’ di quattrini.
Bruciando le stoppie, inoltre, non si incorre in un disequilibrio del rapporto Carbonio/Azoto che deriva invece dall’interramento dei residui vegetali cerealicoli.
Non da ultimo, le ceneri derivanti dalla bruciatura delle stoppie costituiranno il concime per le successive piante di frumento.

Gli svantaggi della bruciatura risiedono nel fatto che, eliminando del tutto le stoppie, esse non possono più svolgere la loro parziale azione ammendante, motivo per il quale, in assenza di esse, si avrà un peggioramento delle caratteristiche fisiche/strutturali del terreno, che accoglierà le nuove piante di frumento.
Le stoppie svolgono inoltre, una funzione protettiva del terreno, cioè i loro apparati radicali fungono da briglie nei confronti del suolo (specie in appezzamenti declivi), perciò, in assenza di tali apparati, il terreno rimarrà nudo ed esposto ad intemperie quali pioggia e vento, che, attraverso il processo erosivo, porteranno via la parte superficiale più fertile e con sé anche le ceneri.
La bruciatura delle stoppie produce inoltre prevalentemente anidride carbonica (CO2) che, sebbene in piccole quantità, risulta dannosa per l’ambiente.
Infine, se i terreni bruciati dovessero essere in prossimità di boschi e foreste, aumenterebbe il rischio di incendi con la conseguente morte di alberi, animali e in casi estremi anche di esseri umani, come è già a volte accaduto.

È importante, pertanto, che l’agricoltore valuti quale strategia perseguire per i propri scopi agronomici ed economici, considerando, in primo luogo, il potenziale danno che potrebbe causare all’ambiente, che oggi fortunatamente è maggiormente tutelato dalla legislazione.
A tal proposito negli ultimi anni vi è stato un lungo dibattito per stabilire se le stoppie sono da considerarsi rifiuti o meno. Per dirimere tale questione è intervenuta la Cassazione che ha stabilito che, entro certi limiti, le stoppie non sono dei rifiuti. Pertanto, l’agricoltore, previa comunicazione (a seconda dei casi) al sindaco, al corpo forestale o ai vigili urbani, potrà bruciare i residui colturali, rispettando luoghi e periodi di massimo rischio incendio stabiliti dalle singole regioni.

Filippo Cozzo